Leggendo oggi le prime notizie sulle tracce della prima prova degli esami di maturità (che ritengo molto interessanti, con argomenti che spaziano dalla poesia di Salvatore Quasimodo a questioni più attuali come la tecnologia pervasiva o la “fragilità e la bellezza dell’Italia”, sulle orme di un famoso articolo di Renzo Piano sul “rammendo delle periferie”), non ho potuto fare a meno di tornare con la memoria ai miei esami di maturità, a quei giorni insieme meravigliosi e difficili, a quei momenti così intensi e indimenticabili che segnano la fine di una stagione di studi, probabilmente i più importanti ai fini della nostra formazione sia culturale che morale, e che aprono un nuovo ciclo di impegni, di corsi universitari o di lavoro. Con tante paure ma anche con tante speranze, sogni, progetti, aspettative. E ho rivissuto anche un’altra esperienza non meno coinvolgente per me dal punto di vista emotivo (direi anzi molto più coinvolgente), gli esami di maturità dei miei figli, le ansie di quei giorni, le emozioni intense e la gioia infine di veder loro concludere positivamente quella esperienza che si univa però alla sensazione che una stagione della mia vita di madre volgesse al termine e che se ne aprisse un’altra del tutto diversa, nella quale mi sarei dovuta rassegnare ad una lontananza dolorosa anche se necessaria, come di fatto poi è avvenuto. E ho pensato alle migliaia di giovani che si apprestano a concludere questa esperienza di studi gravati da una grande incertezza sul futuro, incertezza che oggi è molto più forte che nel passato, con il lavoro che sembra un obiettivo quasi irraggiungibile, con una società sempre più in crisi, non soltanto dal punto di vista economico. A questi giovani vorrei dire innanzitutto che non devono scoraggiarsi, non devono rinunciare alle loro speranze, ai loro sogni e che devono tenere bene a mente che l’impegno costante e una adeguata preparazione culturale e professionale sono le basi essenziali per affrontare e superare le difficoltà. Certo tutto questo può non bastare nell’ attuale periodo di grave crisi, che ha visto diventare ormai tutta l’Italia, e non solo il Sud, come avveniva nel passato, un luogo da cui dovere andare via per cercare migliori condizioni di lavoro e di vita. L’Italia intera non dà dunque più certezze e i nostri figli pensano all’estero. Ma i nostri cervelli non li vogliamo in fuga all’estero, li vogliamo qui. E allora bisogna forse sforzarsi per trovare soluzioni diverse, ad esempio guardare con rinnovata attenzione al mondo dei mestieri, delle abilità manuali e tecniche che hanno fatto grande nel passato il nostro Paese o saper cogliere le grandi opportunità che offre la grandissima tradizione e lo sterminato patrimonio artistico culturale dell’Italia; e, soprattutto, essere animati costantemente dalla volontà di non mollare ma di continuare a lottare con tutte le proprie forze per raggiungere gli obiettivi.
Cinzia Coscia
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