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Femminicidio: quando una legge non basta

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femminicidioIl disegno di legge dal titolo “Norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio”, che il Parlamento dovrebbe varare nei prossimi giorni, e ‘ certamente un atto doveroso del legislatore, per contrastare un fenomeno così grave, dilagante ed inquietante come lo stalking e la violenza ai danni delle donne, sia dentro che fuori le mura domestiche. Pienamente condivisibili i vari aspetti delle norme in approvazione, dai canali preferenziali che seguiranno tali reati, all’informazione costante (doverosa ), alle parti offese sullo svolgimento dei procedimenti penali. Sacrosante le previsioni delle aggravanti, in particolare per i reati commessi innanzi a minori, o su donne in stato di gravidanza. Giusto, senz’altro, l’ arresto in flagranza di reato. Non mancano tuttavia alcuni aspetti della normativa che suscitano qualche perplessità .A cominciare proprio dall’arresto in flagranza di reato. Concettualmente giusto, ma viene da chiedersi come può essere accertata la flagranza da parte delle forze dell’ordine, chiamate, verosimilmente, a reato consumato? Ci troveremo di fronte ad una “flagranza” differita, a insindacabile giudizio degli agenti di polizia, con il rischio di qualche abuso, sia pure a fin di bene, magari a seguito di qualche “simulazione” ben riuscita.
E poi, è così certo il tempestivo intervento delle forze dell’Ordine , o la legge rischia di essere un gigantesco spot pubblicitario? Dubbi ancora più forti suscita la norma sull’irrevocabilita ‘ della querela, che non solo indebolisce l’atto in se’, ma rischia di rendere le denunce ancora più rare di quanto non lo siano oggi, oltre a determinare l’esclusione della possibilità che qualcosa tra i coniugi possa mutare in meglio con il tempo…Lascia perplessi anche la norma che prevede la possibilità per terzi, mantenendo anche l ‘anonimato, di presentare denuncia.
Tutto ciò appare alquanto illiberale, perché sarebbe d ‘obbligo assumersi la responsabilità di un atto. Così il presunto reo non saprà mai chi lo ha denunciato, non potrà mai avere un confronto diretto. Si pensi, poi, come questo possa anche dare luogo a vendette trasversali, anche per motivazioni banali, che possono tramutarsi in tragedia, e che la privacy del cittadino viene “amministrata” dalle forze dell’Ordine che, tra l ‘altro, assumerebbero il potere di decidere l ‘allontanamento immediato del presunto reo, “giudicato”, dalle stesse, soggetto pericoloso. Soggetto pericoloso – dicono – ma per quanto tempo? La legge non lo stabilisce.
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha commentato: ” L ‘intervento serve a dare un grandissimo messaggio sul tema del femminicidio e di protezione di genere alla parte più debole della popolazione”. All’ improvviso, dunque, la donna diventa “debole”per legge… Per definizione giuridica. Ritengo che al di la delle norme giuridiche sulle quali sarà sempre possibile intervenire se dovesse rivelarsene l’ inadeguatezza, nella speranza che questa legge venga applicata con molta cautela per evitare che si aggiunga violenza alla violenza, sperando che non si commettano errori discriminanti, e che quindi le stesse pene vengano applicate alle donne che commettono violenza sugli uomini, e’ certamente necessario un approfondimento di ordine socio culturale. La Violenza per essere realmente combattuta necessita di un cambiamento culturale. Non bastano le leggi, anche le più rigorose dal punto di vista penale, per arginarla , se queste non sono accompagnate da una volontà di cambiamento nel rapporto tra i sessi e le persone .
A coloro che si sentono più deboli per cultura, per disagi sociali o economici, per problemi psicologici, devono essere forniti mezzi e strumenti adeguati per sottrarsi al giogo della violenza. Occorre tanta campagna informativa e formativa, perche’ non basteranno “leggi salvifiche” se non applicate sulla conoscenza, sulla esatta valutazione del “fenomeno maledetto”, da parte sia delle vittime che della società in cui maturano questi drammi. Drammi umani, come l’omofobia ed il femminicidio, non possono trovare solo risposte giuridiche. La responsabilità di ciò che accade e ‘ di noi tutti, che non abbiamo più occhi per guardare ciò che accade intorno a noi. E non abbiamo più orecchie per ascoltare i disagi umani. A volte nemmeno quelli dei nostri figli.

Cinzia Coscia

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