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Alluvione 2009. Messina ricorda oggi, la Chiesa domani

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E’ il giorno del ricordo. Con o senza l’arcivescovo, con o senza le polemiche, è oggi che ricorre l’anniversario dell’alluvione che, 6 anni fa,  a Giampilieri, Scaletta, Altolia, Molino, Santo Stefano Briga e Pezzolo, ha portato via, insieme a pezzi delle colline messinesi, insieme ai greti dei torrenti, a mattoni e case intere, anche 37 vite.

Anche la prevenzione è rimasta ferma a 6 anni fa. I torrenti non sono stati ancora puliti, la stagione delle piogge per Palazzo Zanca è lontana.

Lontana come la pioggia che, il primo ottobre del 2009, è caduta incessantemente dalle 17 alle 4 del mattino, massacrando un territorio che evidentemente non era preparato.

Acqua, fango, soccorritori. Speranza e disperazione nei loro occhi mentre scavavano nel fango. Disperazione, senza alcuna speranza, negli occhi di chi ce l’ha fatta, di chi non è stato trascinato dal fiume di fango e detriti.

Disperazione di madri, padri, figli.

Tutti ricordiamo. Le ore davanti alla tv per avere notizie, le imprecazioni, comprese solo dal labiale, dei soccorritori che in un’automobile, travolta dalla furia dell’acqua e del fango, hanno visto un uomo, Roberto, un agente della Polfer che, a fine turno, rientrava a casa.

Per giorni Messina è stata a Giampilieri, a Scaletta, a Molino, coi sopravvissuti, con gli orfani, i vedovi e le vedove, con chi ha perso amici, parenti, la casa.

Per giorni Messina è stata in quelle bare messe in fila al Duomo.

Un Duomo gremito, una piazza affollata.

Gli striscioni, i palloncini per Ilaria, la solidarietà di tutti. La solidarietà di Reggio Calabria che, lontana da ogni rivalità sportiva, era vicina ai “fratelli messinesi”.

Tutto questo rivive Messina ogni primo ottobre da quel maledetto giorno che ha trascinato nel fango un pezzo di città, 37 vite, e tutti quelli che nel fango hanno perso tutto.

Tutti gli anni. Da sei anni.

Quest’anno no. Posticiperemo. Ricorderemo domani, quando la Chiesa sarà più libera di darsi a quei fedeli che dovrebbero essere la sua priorità.

Ricorderemo quando l’arcivescovo dimissionario avrà salutato tutti. Li voleva salutare proprio oggi, alle 17.30, proprio 6 anni dopo l’inizio della pioggia su Giampilieri e Scaletta.

Quell’arcivescovo, forse additato più volte di essere poco “vicino” alla propria città, ai propri “figli”, oggi ha voluto fugare ogni dubbio. Non ha fatto un passo indietro.

Del resto, il mondo è dei vivi. Prima il saluto, poi il ricordo.

Per piangere i morti c’è sempre tempo.

 

Mimma Aliberti

 

 

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