Anche per il 2013 in Sicilia è proseguita la fase recessiva. E’ questo il dato certificato dalla Banca d’Italia nel Report “l’economia in Sicilia”, presentato oggi pomeriggio nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Messina.
Per il sesto anno consecutivo Pil in diminuzione in Sicilia. Secondo le stime di Prometeia il calo nel 2013 raggiunge quota 2,5%, a fronte di una contrazione del 2,7% nel Mezzogiorno. Tra le cause della crisi, secondo il Rettore Pietro Navarra che ha introdotto i lavori, il crollo della produttività determinato da due fattori principali: “da un lato- ha evidenziato- il nostro Paese non investe sulla conoscenza e sul talento; dall’altro non ha avuto la capacità di incorporare la rivoluzione tecnologica degli anni 90 con la conseguenza che l’Europa è rimasta indietro rispetto all’America”. Tesi condivisa dal prof. Augusto D’Amico, direttore del Dipartimento di scienze economiche, aziendali e metodologiche quantitative dell’Università di Messina e dal direttore della Banca d’Italia, sede di Palermo, dott. Giuseppe Arrica che, nell’introdurre i lavori, ha posto l’accento sulla “necessità di tornare ad investire per far riprendere l’economia e accrescere la produttività che oggi è la più bassa dal dopoguerra”.
Ad illustrare i dati del rapporto che, come sottolineato dal direttore della filiale di Messina della Banca D’Italia, dott. Sergio Attard “viene predisposto dalla Banca d’Italia ogni anno al fine di meglio comprendere le dinamiche relative alle singole realtà territoriali spesso profondamente diverse tra loro”, sono stati il dott. Giuseppe Ciaccio e il dott. Antonio Lo Nardo, rispettivamente titolare e sostituto della divisione Analisi e Ricerca economica territoriale della Banca d’Italia sede Palermo.
“Il dato fornito dall’Istat pochi giorni fa – ha spiegato Ciaccio– parla di una perdita del Pil del 4% al Sud. E’ possibile, quindi, che la stima di Prometeia debba essere rivista al ribasso”.
La flessione ha colpito tutti i settori. A pagare il prezzo più alto quello delle costruzioni con un meno 8,7% e con una contrazione cumulata dal 2006 che però supera il 40%. Segno negativo anche nel settore dell’industria e in quello del commercio mentre resta stabile il settore manifatturiero.
Si contraggono ancora i prestiti bancari (-1,8%) sia alla famiglie (-1,3%), a causa della riduzione dei consumi e della paralisi del mercato immobiliare, sia quelli alle imprese (-2,6%) a causa di minore produttività e minori investimenti.
Nel mercato del lavoro continua la caduta dell’occupazione. Oltre 73mila posti di lavoro si sono persi in un anno in Sicilia. L’andamento negativo ha interessato tutti i settori principali ed i segmenti della popolazione anche se la contrazione maggiore ha riguardato soprattutto i giovani e le persone con un basso livello di istruzione. Tiene il turismo. Si sono ridotti i pernottamenti degli italiani ma sono aumentati quelli degli stranieri.
Dopo gli interventi del prof. Francesco De Domenico, Direttore generale dell’Università di Messina e docente di diritto tributario, e del presidente di Confindustria Messina ing. Alfredo Schipani ha concluso i lavori il prof. Franco Vermiglio, ordinario di economia aziendale a Messina e già consigliere della Banca d’Italia. “Il quadro tracciato è preoccupante- ha evidenziato- c’è qualche segnale di ripresa ma temo che se ripresa vi sarà questa taglierà fuori la Sicilia. Occorre uno scatto d’orgoglio collettivo che coinvolga imprenditori, classe politica, persino i singoli affinché si possano creare le condizioni per cui le imprese operino in condizioni serene e possano attrarre i capitali di cui necessitano”.
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