Il fermo di Ali Almi, somalo, 36 anni, è scattato poco dopo lo sbarco dei 230 migranti di sabato pomeriggio alla rada Paradiso.
Le immediate indagini della Squadra Mobile hanno infatti consentito di stringere il cerchio attorno al cittadino di nazionalità somala. Fondamentali ancora una volta i racconti di chi su quell’imbarcazione c’era ed ha indicato senza alcun dubbio il trentaseienne come il “traghettatore”.
Le persone sbarcate sabato a Messina – somali, eritrei, ghanesi e nigeriani – sono partite dalle coste libiche nella serata del 13 novembre scorso. Molti di loro raccontano di aver viaggiato per settimane dai paesi d’origine attraverso Etiopia e Sudan, a bordo di mezzi di fortuna, di essere stati trasferiti e “ceduti” di casa in casa fino a raggiungere la spiaggia da cui sono partiti. Alcuni hanno trascorso un periodo in carcere a Tripoli perché privi di documenti. Tutti dichiarano di aver pagato una somma complessiva di circa 1300 dollari ad un uomo rimasto a terra prima dell’imbarco. A bordo, alla guida del gommone e munito di telefono satellitare, c’era invece il cittadino somalo individuato dagli agenti della Squadra Mobile.
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