Refriger II. Dal carcere, come un manager in vacanza, il boss dirama ordini al suo ‘staff’

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C’è un detenuto a capo di un’organizzazione criminale che rimane ‘capo’ anche in carcere; c’è un pentito che parla; ci sono intercettazioni ambientali che  confermano le dichiarazioni del pentito; ci sono ‘pizzini’ che partono dal  carcere e che lì tornano; infine c’è un clan che ha le caratteristiche della ‘famiglia’ mafiosa, per strutturazione, sistematicità di azione, strategia  di comando: quello di Mangialupi.

C’è tutto questo alla base dell’operazione Refriger 2, scattata all’alba di oggi, ad opera della Squadra Mobile di Messina, con 5 arresti, altre 4 persone sono indagate.

Misure cautelari in carcere, firmate dal gip Eugenio Fiorentino, richieste dai sostituti procuratore della Dda: Maria Pellegrino, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco, nei confronti di quattro soggetti, di cui due già detenuti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti.

Sono stati raggiunti dall’ordinanza:

Francesco Turiano, detto Nino Testa, 32 anni, già detenuto al carcere di Gazzi, come Giovanni Panarello, 33 anni; Salvatore Pino, detto Salvuccio, 30 anni, già sottoposto all’obbligo di dimora; Carmela Turiano, 34 anni,  sorella di Francesco, pregiudicata.
Una quinta persona, raggiunta dalla stessa misura, non è stata
ancora rintracciata ed è ricercata.

L’indagine, svolta dalla Sezione Criminalità Organizzata della
Squadra Mobile, diretta da Franco Oliveri, ha consentito di accertare l’esistenza e l’operatività di un’associazione per delinquere, da tempo attiva nel Rione Mangialupi, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, dotata di una complessa struttura organizzativa, ben ramificata sul territorio, capace di esercitare il controllo dell’intero quartiere.

Capo e promotore dell’organizzazione, per gli investigatori sarebbe stato Francesco Turiano, già arrestato il 24 giugno 2013 nell’ambito
dell’operazione Refriger, dunque detenuto che, per l’accusa, dal carcere avrebbe continuato a gestire l’organizzazione criminale dedita al  narcotraffico attraverso la sorella Carmela. Il tutto avveniva attraverso i  colloqui con congiunti o l’invio di “pizzini”, con i quali il capo, dalla cella comunicava le sue direttive.

Le ‘cimici’ piazzate dalla Polizia all’interno di un’abitazione di
Mangialupi, in uso ad uno degli arrestati, ed altre attività
tecniche, hanno consentito di accertare il traffico di eroina, cocaina
e hashish che avveniva al rione Mangialupi. Stabilita anche la struttura gerarchica dell’organizzazione e come gli affiliati svolgevano il loro ‘lavoro’, sino ad individuarne la base logistica dove ingenti quantitativi di droga venivano lavorati, confezionati e smistati per la successiva vendita.

La centrale del traffico era la casa di Carmela Turiano, ed era lei a gestirla, insieme ai sodali, seguendo le direttive del fratello.

Dalle indagini emerge con chiarezza come il detenuto mantenesse fitta corrispondenza con l’esterno, comunicando con lettere che solitamente inoltrava alla sorella Carmela.

Nel corso dell’attività investigativa sono state registrate numerose conversazioni, alcune hanno svelato gli intrecci con affiliati al clan di Santa Lucia Sopra Contesse, che forniva la droga a Mangialupi.

Per il dirigente della squadra Mobile, Giuseppe Anzalone, non ci sono dubbi sulla potenza rigeneratrice del clan Mangialupi, in più operazioni di polizia decapitato, ma sempre attivo sul territorio. Un clan che Anzalone considera più attinente definire ‘Famiglia, per i suoi collegamenti con la ‘ndrangheta calabrese ( prima fornitrice di droga per Messina); per i suoi rapporti di serena convivenza con gli altri gruppi criminali cittadini; ma soprattutto per la strategica neutralità manifestata nel corso della guerra tra clan rivali divampata a Messina negli anni 90.

Quando le varie consorterie ( Giostra, Camaro, Santa Lucia sopra Contesse) ‘parlavano’ a suon di raffiche di proiettili, quella di Mangialupi si astenne dal compire fatti di sangue, pensando più a racimolare, tramite una lunga serie di rapine ed estorsioni, un buon fondo cassa per divenire, nei decenni successivi, l’unica a gestire un fiorente traffico di sostanze stupefacenti. L’unica a resistere agli attacchi dello Stato. Nonostante i colpi inferti al gruppo capeggiato dai fratelli Trovato (che con i Turiano hanno gestito in serena convivenza il mercato della droga) che ebbero sequestrati, in una grossa operazione della Mobile, ben un milione di euro in contanti e un deposito di armi da vero ‘esercito’ del crimine.

Oggi, una nuova indagine svela che persino dalla cella un capo continua a gestire il crimine, con la stessa facilità di un manager in vacanza che dirama ordini al suo staff dalla lussuosa località in cui soggiorna. Per il buon andamento dell’azienda.
Patrizia Vita

 

Aggiornamento :  Giovanni Panarello sarà interrogato per rogatoria venerdì 24 giugno, alla presenza del suo legale, avvocato Nino Cacìa. Lo stesso legale assiste Santo Corridore ( il quinto destinatario della misura cautelare, sfuggito stamani all’arresto)  che  si è costituito intorno alle  14 di oggi al carcere di Giarre.

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