Rapimento Quattrocchi: per il processo con 2 sentenze di primo grado, sconti e un’assoluzione in Appello

Pubblicato il alle

3' min di lettura

Un processo, 3 sentenze. E’ quello scaturito dal misterioso rapimento di Leonardo Quattrocchi, pensionato di Barcellona rapito il 13 ottobre 2009, che ha già registrato ben due sentenze di primo grado. Oggi quella d’Appello, che registra un notevole sconto di pena per 2 imputati e un’assoluzione per un terzo imputato.

A 13 anni e 6 mesi è stato condannato l’imprenditore edile Nicola Ruggeri ( contro i 16 del primo grado) di San Filippo del Mela, ritenuto la “mente” del crimine; a 4 anni Joan Pohota ( erano 6 quelli decisi dalla Corte d’Assise nel 2011); assoluzione piena,invece, per la convivente di Ruggeri, la romena Alina Maria Neagu ( in primo grado erano stati 7 anni e 6 mesi).

In primo grado erano stati assolti Melin Pino, di Venetico, al tempo fidanzata di Joan Pohoat, e Salvatore Urso, di Ragusa ma residente a Barcellona, impiegato all’Agenzia delle Entrate della città del Longano, amico fraterno del rapito.

La seconda sentenza di primo grado, della Corte d’Assise, era arrivata nel 2015, due anni prima era stato il Tribunale di Barcellona a infliggere 18 anni a Ruggeri, 11 anni alla convivente, Neagu, e 7 anni a Pohoat.

Motivo della doppia sentenza era stato il difetto di competenza del Tribunale collegiale, riscontrato in sede d’Appello: quelle prime condanne furono dunque annullate e fu necessaria la riformulazione dell’accusa in Corte d’Assise.

Leonardo Quattrocchi fu sequestrato il 13 ottobre del 2009. Si trovava all’interno di un bar di Barcellona quando fu prelevato e caricato a bordo di un’auto. Ad agire sarebbero stati Ruggeri e Pohoat. Riuscii a fuggire- disse la vittima – dopo 17 giorni, trascorsi prima in una casa di Saponara, poi trasferito in una a Venetico Marina. Ad accudirlo nella sua prigionìa – raccontò Quattrocchi ai carabinieri – due donne: Melin Pino e un’altra, inizialmente indagata, ma la cui posizione fu poi archiviata.

L’impiegato dell’Agenzia delle Entrate, Salvatore Urso, dapprima era stato accusato di avere svolto un ruolo mediatore: avrebbe avuto il compito di “tenere buona” la famiglia del rapito, per impedire che facesse denuncia di scomparsa, rassicurando la moglie della vittima e chiedendo alla stessa abiti e biancheria utili a Quattrocchi durante il sequestro. Accusa caduta nel corso del processo.

Un sequestro anomalo – fu ritenuto- visto che, secondo il racconto del rapito, pochi giorni dopo, il 18 ottobre, dopo averlo pestato, Ruggeri e Pohoat lo costrinsero a recarsi con loro a Milano, nella filiale di un Istituto di Credito. Lì, i tre si informarono sulla transazione di alcuni milioni di euro che dalla Svizzera dovevano transitare su un conto nella disponibilità del sequestrato. Appresero, però, che la disponibilità della somma era prevista non prima di 4-5 giorni. Tornarono in Sicilia- sempre a detta della vittima – e Quattrocchi venne ancora rinchiuso, in una casa di Venetico Marina. Riuscì a fuggire per una distrazione del suo carceriere romeno- disse ai carabinieri- il 31 ottobre 2009.

Le indagini degli investigatori dell’Arma, però, non accertarono l’esistenza della somma che dalla Svizzera doveva transitare sul conto di Quattrocchi.

Oggi la sentenza d’Appello dello strano processo di uno strano crimine.

Patrizia Vita

(283)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Contenuto protetto.