Quando gli stipendi d’oro e l’arbitraria conduzione dell’Ancol finirono sotto inchiesta

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tribunale severaL’inchiesta sulla Formazione, ramo Ancol, era stata avviata nel 2007 e lo scorso novembre, si ricorderà, era arrivata la chiusura indagini per uno degli odierni arrestati, Melino Capone, ex assessore comunale alla viabilità ed ex commissario regionale dell’Ancol. Il sostituto procuratore Camillo Falvo, per lui ipotizzava il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. I Riflettori della magistratura furono accesi sull’Ancol, (Associazione Nazionale delle Comunità di Lavoro), per accertare la legittimità dei finanziamenti ottenuti dalla Regione Siciliana, per 13 milioni e 600mila euro, dal 2006 al 2011. Il 70% erogati dal Fondo Sociale Europeo, il 21% dallo Stato e il 9% dalla Regione Siciliana.
Melino Capone fu ufficialmente commissario Ancol sino al 2006. Pare che dopo quell’anno, nonostante la carica gli fosse stata revocata, avesse proseguito nel ruolo di commissario. Secondo l’accusa, avrebbe anche provveduto a “sistemare” parenti ed amici. Capone -sostenne l’accusa- non più commissario Ancol, avrebbe comunque presentato alla Regione progetti formativi che furono regolarmente finanziati per un totale di 13 milioni e 600 mila euro. Con quel danaro furono aperte nuove sedi a Barcellona, Catania, Palermo e Mirabella Imbaccari.
Secondo l’accusa, Carmelo Capone, avrebbe indicato il Comune di Viagrande (Ct) quale sede di un corso formativo della durata di 10 mesi ( nel 2008). Quella sede- sostenne il magistrato inquirente – non era stata accreditata dalla Regione Siciliana, ma ottenne un finanziamento di circa 300mila euro.
Sempre a detta dell’accusa, poi, l’Ancol assumeva personale “amico”. Capone- stabilirono al tempo le indagini delle Fiamme Gialle- assunse l’intero parentado. Pare che il padre dell’ex di Palazzo Zanca meritasse, per il suo impegno all’Ancol, ben 3500 euro mensili. Meno di “mammà” che, carta canta, avrebbe intascato 5.515 euro al mese. Ma c’era posto anche per fratelli, anche se con paghe ridimensionate (1.770 euro per Natale Capone) e cugini ( 1404 euro). E posto c’era per amici e parenti degli amici politici, messinesi, regionali e nazionali. Per loro la paga base variava dai 1200 ai 1600 euro. Daniela D’Urso percepiva “comunissimi” 1699 euro al mese.
L’Ancol nazionale volle porre fine all’azione arbitraria dell’ex commissario Capone con una lettera alla Presidenza della Regione Siciliana. Fu scritto che quella carica, a Capone, era stata revocata e che in Sicilia non esistevano più sedi della onlus. Quella lettera – accertarono i finanzieri – sarebbe stata archiviata frettolosamente da un funzionarie regionali che furono indagate per truffa.

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