“Vado in vacanza”, così diceva al telefono Angelo Gangemi, 50 anni, di Saponara, ma la “vacanza” Gangemi la faceva in Colombia, per organizzare le spedizioni di cocaina verso l’Italia.
Questo è emerso dal lavoro investigativo della Guardia di Finanza che ha ribattezzato l’indagine “Holiday”, cioè “vacanza” in inglese.
Gangemi, insieme a Giuseppe Bellinghieri, 75 anni, messinese di nascita ma da tempo trapiantato a Milano, gestivano il traffico, appunto, sull’asse Messina-Milano.
A rivelare il circuito internazionale del traffico di cocaina sono state le indagini del comando provinciale della Guardia di Finanza che, oggi, hanno condotto a 14 misure cautelari, 12 in carcere e due ai domiciliari, e a un ulteriore arresto in flagranza di reato. Sequestrati beni per oltre 250mila euro.
A emettere l’ordinanza, il giudice per le indagini preliminari di Messina, Maria Arena (che ha poi dichiarato la propria incompetenza a beneficio del gip di Milano), su richiesta del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e del sostituto Fabrizio Monaco. Tutti i destinatari del provvedimento sono indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio.
Oltre a Gangemi e Bellinghieri, sono finiti in carcere Vincenzo Torrisi, 55enne di Giarre, nipote di Benedetto Santapaola; Natale Aiello, 60enne di Messina, residente in provincia di Cremona; Leonardo Di Lella, 57enne della provincia di Foggia, residente a Sesto San Giovanni; Salvatore Senia, 53enne di Trapani, residente in provincia di Lodi; Franco Proietto, 64enne di Santa Maria di Licodia, residente a Milano; Vittorio Ghezzi, 45enne monzese residente a Sesto San Giovanni; Auronzo Tornese, 70enne leccese residente a Saint Vincent. All’appello mancano tre persone che non sono state ancora rintracciate. Domiciliari per altri due messinesi, il 30enne Marco La Torre, attualmente detenuto all’Ucciardone, e il 29enne Mario Morgante.
Questa mattina, a seguito di alcune perquisizioni, si è proceduto all’arresto in flagranza di reato di un altro messinese, il 35enne Giovanni Lucchese, di Santa Lucia sopra Contesse. In casa le fiamme gialle avrebbero trovato 50 grammi di hashish.
E’ stato il ritrovamento, da parte degli uomini della Guardia di Finanza, di strumenti per tagliare la droga a consentire di inaugurare una nuova indagine, durata circa un anno, condotta avvalendosi di intercettazioni telefoniche.
Secondo quanto emerso dalle indagini dei finanzieri, Angelo Gangemi, detto Ginger, parlava di “viaggi di piacere” in Colombia, a Santo Domingo o a Panama. Era lui il tramite con i cartelli della droga. Pagava i carichi con il denaro che, tramite Money Transfer, carte anonime prepagate e soggetti compiacenti, gli perveniva dall’Italia, e, sempre Gangemi, ne curava il trasporto, sebbene affidato materialmente a dei corrieri.
Il suo referente, Giuseppe Bellinghieri, vive da tempo a Milano ma è anche lui messinese. Bellinghieri, indagato pure per esercizio abusivo di attività finanziaria, grazie a una fitta rete di contatti, secondo le indagini, provvedeva allo smistamento della cocaina verso tre gruppi criminali dislocati: nel nord Italia, in particolare a Bergamo, Milano, Lodi e Aosta; nell’area centrale, tra Roma e Lido di Ostia, dove è ancora oggi conosciuto per i suoi stretti rapporti con il boss Carmine Fasciani; e in Sicilia, dove tra i contatti più importanti c’è il nipote di Santapaola, Vincenzo Torrisi.
I diversi gruppi provvedevano poi a fornire la cocaina ai pusher.
Nel corso dell’inchiesta, i finanzieri hanno seguito in diretta l’arresto, eseguito dalle autorità colombiane il 7 luglio 2013, all’aeroporto di Bogotà, di due corrieri dell’organizzazione, un uomo e una donna, intenti a rientrare in Italia con sei chili di cloridrato di cocaina.
La donna, milanese, è stata successivamente condannata a dieci anni di reclusione. Nello stesso periodo, a Miami, veniva fermato un uomo con indosso 30mila euro provenienti, secondo gli inquirenti, da Torrisi.
La droga sequestrata, passando per Madrid, sarebbe dovuta arrivare a Milano, fruttando, si stima, oltre mezzo milione di euro. Gli uomini della Guardia di Finanza ipotizzano che il terminal siciliano fosse Catania. In merito a questo episodio, le intercettazioni rivelano una scissione del clan. Il gruppo milanese non credeva, pare, a quello siciliano, riguardo al fatto che il carico fosse stato intercettato, e aveva cercato riscontri su Internet. Gangemi, da parte sua, dubitava dell’efficacia dei metodi dei colombiani, che avevano occultato la droga nel doppio fondo di un trolley.
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