Arrivano le richieste di rinvio a giudizio, da parte della Procura di Patti, per i 20 indagati dell’operazione Camelot.
Il sostituto procuratore, Rosanna Casabona, che ha coordinato le indagini, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli indagati, fra cui spiccano nomi eccellenti, come quello del senatore Ncd, Bruno Mancuso, e del deputato regionale Fi e sindaco di Rocca di Caprileone, Bernardette Grasso.
Dovranno tutti comparire davanti al Gup di Patti, il 19 maggio, per l’udienza preliminare.
L’inchiesta Camelot accese i riflettori della magistratura sulla gestione dei progetti relativi ad alcune opere pubbliche a Sant’Agata Militello. Scattata nel febbraio 2014, con 8 misure cautelari e numerosi indagati, accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di liberi incanti, abuso d’ufficio e falso.
Le indagini furono avviate a seguito della denuncia di un imprenditore e di un ex consigliere comunale di sant’Agata Militello su alcuni incarichi pubblici per la progettazione di alcuni appalti. In particolare, al centro dell’indagine ci sono lavori pubblici come la villa Falcone-Borsellino, i lavori di un elisuperficie, il museo dei Nebrodi, la scuola Capuana. Secondo l’accusa, il presunto «comitato di affari» si avvaleva di professionisti esterni dall’ufficio tecnico comunale per portare avanti i progetti. In seguito però la progettazione risultava essere redatta da alcuni tecnici comunali che ottenevano così una percentuale sul valore dell’appalto. Per “compensare” i professionisti esterni che effettivamente avevano fatto i progetti, venivano affidati loro altri incarichi professionali o si truccavano delle gare per favorirli.
Bernadette Grasso finì nel calderone nella qualità di Sindaco di Capri Leone, comune capofila per la realizzazione di una serie di progetti in partnership con altri 10 comuni, nell’ambito del progetto “Nebrodi Ospitalità diffusa”. Secondo l’accusa, la Grasso avrebbe emesso la determina sindacale con cui si conferisce l’incarico a due professionisti, Carlo Giuffrè e Vincenzo Cordone, per un compenso fissato in 18 mila euro ciascuno, somme che- a detta degli inquirenti – non rientrerebbero nel quadro economico del progetto definitivo. Per lo stesso progetto erano già stati indagati tre tecnici esterni, Francesco Armeli, residente a Capo d’Orlando, Francesco Spitaleri di Giardini Naxos e Sebastiano Liuzzo di Castell’Umberto.
Oggi per tutti la richiesta di rinvio a giudizio.
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