È morto Totò Riina. Alle 3.37 di stanotte, nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma, si è spento quello che gli inquirenti ritengono, nonostante fosse al 41 bis da 24 anni, essere ancora il capo di Cosa Nostra.
Due interventi negli ultimi giorni e poi il coma. Ieri aveva compiuto 87 anni. Riina era malato da anni ma, nell’ultimo periodo, le sue condizioni fisiche si erano aggravate al punto da indurre i suoi legali a chiedere un differimento di pena per motivi di salute. Richiesta respinta, a luglio, dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna.
Solo ieri il Ministro della Giustizia, quando ormai erano evidenti le condizioni critiche, ha concesso un breve incontro straordinario alla famiglia di Riina.
Stava scontando 26 condanne all’ergastolo. Decine gli omicidi e le stragi a lui imputate, decine le ferite che ha inferto al nostro Stato e alla Giustizia come gli attentati nel 1992 in cui persero la vita Falcone e Borsellino.
Mai un cenno di pentimento.
Il carcere non lo aveva cambiato anzi, come si evince dalle intercettazioni, negli ultimi anni si era anche “aperto” sostenendo, durante l’ora d’aria, l’importanza del suo ruolo e le sue capacità: «Io sono un gran pensante. Io sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto», diceva al boss pugliese Alberto Lorusso, anch’egli detenuto. A febbraio scorso, parlando con la moglie in carcere diceva: «Sono sempre Totò Riina, farei anche 3000 anni di carcere».
Riina è morto mentre l’ultimo dei processi a suo carico è ancora in corso, si tratta del procedimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui era imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato.
In questo senso sono molte le ombre gettate da Riina sui suoi “compagni”: «Questo Binnu Provenzano chi è che gli dice di non fare niente? Qualcuno ci deve essere che glielo dice. Quindi tu collabori con questa gente… a fare il carabiniere».
La sua morte porta con sé molti segreti, verità che la Magistratura dovrà continuare a ricercare sia nelle intercettazioni che nelle figure che ruotavano attorno a Riina. Primo fra tutti il superlatitante Matteo Messina Denaro che, cresciuto durante la stagione delle stragi, è ormai un fantasma dal 1993.
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