Attimi di tensione questa mattina a Messinambiente i cui dipendenti hanno inveito a gran voce contro il liquidatore della società, occupando la sala riunioni di via Dogali. Motivo della protesta, il mancato pagamento della mensilità di marzo, per il quale, la società partecipata aveva stanziato 1 milione e mezzo di euro nonostante ne servissero 2 milioni e 300mila per soddisfare l’intero monte stipendi. Dopo lo sciopero effettuato tra il 18 e il 19 aprile, i lavoratori tornano, dunque, sul piede di guerra e lo fanno all’interno della stessa sede di Messinambiente.
Nonostante le due fatture già sbloccate, Alessio Ciacci non provvederà al pagamento degli stipendi fin quando non si provvederà anche a saldare il conto delle penalità trattenute dall’Ato 3 nei mesi scorsi per la mancata effettuazione dei servizi da parte della stessa Messinambiente. Sul posto, per sedare gli animi, è intervenuta la polizia.
Ed è lo stesso Ciacci a manifestare la propria amarezza per quanto accaduto oggi. L’esperto, nativo di Lucca, si è infatti affidato al suo profilo Facebook per sottolineare l’aria pesante che in mattina si è respirata nei locali di via Dogali dove – secondo quanto riporta – avrebbe subito minacce dagli operai esasperati per i continui ritardi nei pagamenti. “Nella mia vita ho avuto tante esperienze – scrive sul social network – anche dure a volte e in contesti di violenza dove, come in Guatemala o Chiapas, ho lavorato con l’Onu per recuperare resti delle fossi comuni. Ma mai nella mia vita mi era capitato di essere io il destinatario ultimo della violenza, come questa mattina negli uffici di Messinambiente. Per un ritardo di 14 giorni negli stipendi dovuto ad un ritardo di pagamenti dal Comune, la sede dell’azienda è stata invasa da un gruppo di lavoratori che a suon di spintoni e minacce si è fatta strada fino a occupare il mio ufficio urlando e minacciandomi”.
In conclusione al suo sfogo, Ciacci assicura comunque che la situazione si sbloccherà quanto prima: “sono arrivate le risorse per gli stipendi e li stiamo erogando. Faccio appello a tutti perché quando si amministra un bene comune si sia rispettosi gli uni degli altri”.
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