La Polizia di Stato ha arrestato un 40enne condannato per tentato omicidio. I fatti risalgono al 2003, l’uomo aveva molestato e aggredito una donna incinta e, a seguito della denuncia della donna, aveva assalito il marito di lei insieme ad altri tre uomini. A salvare la vita dell’uomo, l’intervento dei Carabinieri. La ricostruzione della Polizia.
Nel pomeriggio del 30 ottobre 2020, la Squadra Mobile della Questura di Messina, coadiuvato da personale dell’omologo organo investigativo della Questura di Brescia, ha dato esecuzione ad un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Messina a carico del cittadino marocchino Miloudi Aboufaris, classe ’80, condannato in via definitiva con sentenza della Corte di Appello di Messina alla pena della reclusione di anni nove per il delitto di tentato omicidio in concorso ai danni di un suo connazionale, commesso in Furci Siculo (ME), il 23 maggio 2004.
La vicenda in parola aveva origine nel novembre 2003, allorquando una donna di nazionalità marocchina, al settimo mese di gravidanza, aveva denunciato delle molestie da parte di un suo connazionale che le aveva formulato esplicite avances, invitandola a lasciare il marito per unirsi a lui.
In quell’occasione, la vittima reagiva respingendo l’uomo e cercando di scappare ma, quest’ultimo, l’afferrava per le spalle strappandole una camicia e la colpiva sul fianco, facendola cadere a terra svenuta. Non appena risvegliatasi, la donna veniva soccorsa e trasportata in ospedale da personale di altra forza di polizia, per ricevere le cure del caso. Successivamente, la vittima, aveva denunciato di essere stata nuovamente avvicinata dal suo aggressore, il quale le aveva intimato di ritirare le accuse mosse contro di lui, minacciandola di morte.
Nel maggio del 2004 l’uomo veniva tratto in arresto a seguito di ordinanza di custodia cautelare.
Ma, pochi giorni dopo l’esecuzione della predetta misura, alcuni parenti dell’arrestato, tra i quali figurava anche il citato Miloudi Aboufaris, bloccavano per strada il marito della donna che aveva subito le esposte molestie e gli chiedevano se intendesse ritirare le denunce presentate contro il parente. Di fronte al netto rifiuto da parte dell’uomo, gli aggressori, in numero di quattro, lo assalivano, bloccandolo per le braccia, in modo da non consentirgli la fuga. Contemporaneamente, lo colpivano con sbarre di ferro, calci e pugni.
In particolare, un colpo di spranga cagionava al malcapitato la frattura della gamba sinistra, di fatto, impedendogli di scappare. A quel punto, uno degli aggressori cercava di colpire la vittima al busto con un coltello, ma quest’ultima riusciva ad afferrare la lama con la mano procurandosi, così, una ferita da taglio lungo il palmo. Quindi, il gruppo si accaniva ancora con le sbarre sulla testa dell’uomo che cercava di bloccare i colpi con le braccia procurandosi, di conseguenza, delle fratture scomposte agli arti.
Solo il tempestivo intervento dei Carabinieri, nel frattempo giunti sul posto, impediva che l’azione criminosa fosse portata a conclusione.
Al rintraccio e all’arresto del Miloudi Aboufaris, che si era reso irreperibile sin dall’aprile del 2019, si è pervenuti a seguito di mirate e complesse indagini – supportate da operazioni di captazione, analisi di tabulati, attività di localizzazione ed accertamenti di vario genere – condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Messina con il coordinamento della locale Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello.
L’attività investigativa espletata, infatti, consentiva di individuare il ricercato che aveva temporaneamente e riservatamente fatto rientro in un Comune della provincia bresciana, presso l’abitazione della moglie, ove intendeva trascorrere alcuni giorni in famiglia.
La conseguente azione dinamica – attuata dagli investigatori della Mobile messinese coadiuvati dai colleghi della Questura di Brescia – non lasciava vie di fughe all’uomo che, venerdì scorso, veniva tratto in arresto e associato in carcere come disposto dall’Autorità Giudiziaria mandante.
FONTE: Questura di Messina
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