A chiarire ai magistrati i retroscena di un efferato omicidio, quello di Stefano Marchese, avvenuto il 18 febbraio 2005, è stato lo stesso esecutore, Gaetano Barbera. Lui, quel pomeriggio di 9 anni fa, a scaricare 4 colpi di una pistola calibro 7,65 sulla schiena e 2 alla testa di Marchese. Sempre lui, prima di sparare l’ultimo proiettile, a sollevare la visiera del casco integrale che gli copriva il volto, per mostrarlo a chi uccideva e dirgli: ” Così ti ricordi chi ti ha ammazzato”. Oggi, grazie alle sue rivelazioni, la Squadra Mobile ha arrestato 4 persone coinvolte in quella esecuzione.
Ma chi è il pentito Barbera?
“Gaetano Barbera è un killer insuperabile. Il più bravo, capace di organizzare un omicidio in tempi brevissimi”- Lo ha detto, di lui, il procuratore capo Guido Lo Forte -.
Barbera, dunque, da ottimo killer adesso è divenuto collaboratore d’eccellenza della DDA. Grazie a lui,alle dichiarazioni di altri pentiti, è possibile far luce sulle dinamiche dei vari clan criminali messinesi e, con esse, anche sugli omicidi maturati all’interno. Come quello di Stefano Marchese, braccio destro di colui che un tempo era considerato il reggente del clan del rione Giostra, Giuseppe Minardi. Un emergente, Minardi, che voleva riorganizzare le fila della cosca già decapitata dei suoi boss con l’arresto di Puccio Gatto e del suo capo storico per eccellenza, Giuseppe Galli, per anni al 41 bis. Minardi- a detta del capo della squadra Mobile, Giuseppe Anzalone- voleva espandere il suo territorio di competenza all’Annunziata, che aveva già la sua cosca criminale a gestirla, quella capeggiata dai Rosario e Giovannino Vinci, padre e figlio. Minardi,inoltre, dal suo progetto di riorganizzazione voleva escludere dal giro estorsioni un suo affiliato, Gaetano Barbera, che peraltro aspirava a “un posto al sole” nella gerarchia criminale della cosca. Ecco che- sempre nella ricostruzione degli inquirenti- l’escluso stabilisce un patto con i capi degli altri clan cittadini: quello della zona Sud, capeggiato da Giacomo Spartà, e quello di Camaro, con a capo Carmelo Ventura. A rappresentare Spartà, già detenuto, è Marcello D’Arrigo. ” Uomo di grande intelligenza e spessore criminale”- lo definisce il procuratore Lo Forte. Uno che vuole lasciare anche un segno della sua scelta di campo: quella di contrastare le mire espansionistiche di Minardi e l’alleanza con i Vinci. L’agguato del 18 febbraio 2005, quando due Killer arrivano in moto al distributore Esso dell’Annunziata e massacrano di proiettili il braccio destro di Minardi, Stefano Marchese, deve avere una matrice riconosciuta alle cosche e rappresentare un segnale. D’arrigo, infatti, ordina che la moto, rubata, in sella alla quale erano giunti i sicari venga ritrovata nei pressi della casa di Puccio Gatto, il boss in carcere.
Da qui è una mattanza, una vera guerra di mafia che un mese dopo, il 13 marzo, registra una nuova tappa, quella dell’omicidio di Francesco La Boccetta, colpevole- a detta degli investigatori- di non avere pagato a D’Arrigo una partita di droga. Poi, a cadere sotto i colpi dei Killer, il 29 aprile 2005, è Sergio Micalizzi, ritenuto affiliato al clan di D’Arrigo. Una risposta immediata alla sua morte, arriva soltanto un’ora dopo: Gaetano Barbera uccide Roberto Idotta.La guerra tra clan rivali è al culmine, a Messina, nella primavera 2005.
Nel marzo 2011, le indagini della squadra Mobile sull’omicidio Marchese stabiliscono che a sparare era stato Gaetano Barbera, che viene arrestato e, all’epoca, ristretto al regime del 41 bis. Poi, condannato all’ergastolo, è divenuto collaboratore di giustizia, svelando ogni intreccio criminale.
Le sue rivelazioni, che hanno trovato riscontro anche attraverso le dichiarazioni di altri pentiti, e l’attività investigativa, hanno consentito oggi l’arresto dei messinesi: Marcello D’arrigo, 51 anni, già detenuto; Salvatore Irrera, 37 anni, già detenuto ( alla guida della moto con cui Barbera raggiunse il luogo dell’omicidio); Giovannino Vinci, 74 anni; Rosario Vinci, 55 anni.
D’Arrigo e i due Vinci sono ritenuti i mandanti del delitto Marchese. Le indagini sono state cooordinate dai sostituti procuratori della Dda di Messina, Camillo Falvo, Vito Di Giorgio e Maria Pellegrino. Misure cautelari firmate dal gip Antonino Genovese.
Patrizia Vita
(2016)