Cosa ci faceva nel supercarcere di Parma in visita da Bernardo Provenzano, il 25 maggio scorso, in compagnia dei parlamentari Giuseppe Lumia (Pd) e Sonia Alfano (Idv), l’avvocato Fabio Repici, legale fra gli altri di Salvatore Borsellino, Gioacchino Genchi e del pentito di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) Carmelo Bisognano? Dovranno scoprirlo gli ispettori del Dap (il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), spediti a Parma dal ministro della Giustizia, Paola Severino. Si arricchisce così di un nuovo mistero, a quattro mesi dal fatto, la vicenda del tour in carcere del duo Alfano-Lumia. Oltre a fare luce sugli accompagnatori dei parlamentari (con Repici c’erano anche due militari di scorta) gli ispettori sono chiamati a scoprire le «modalità di registrazione» all’ingresso del carcere. Un caso sempre più anomalo sul quale sono accesi i riflettori di ben quattro procure, oltre a quella nazionale Antimafia.
Sullo strano mafia-tour neppure il ministro Severino è riuscita a dare risposte convincenti a un’interrogazione parlamentare del Pdl. Non tornano le date. Le visite sono di maggio e del 3 luglio. Il ministero fa una circolare il 10 agosto per richiamare i direttori delle carceri al rispetto delle norme, ma sapeva dei colloqui già dai primi di luglio (dai giornali e dal fatto che il Dap aveva avvisato l’ufficio di gabinetto di Severino). «Si sta montando un caso sul nulla» dice Lumia a Panorama. «Sonia Alfano si è portata un suo collaboratore, io uomini della mia scorta». Repici è molto impegnato sul fronte dell’antimafia, come parte civile e come legale di collaboratori: ma a Parma non avrebbe esibito il tesserino professionale. Un particolare non da poco e che alimenta un sospetto: la visita serviva in qualche modo a «veicolare» o instradare il pentimento dei boss?
Ma non è la sola stranezza. Nella notte tra il 9 e il 10 maggio Provenzano tenta (forse) il suicidio in carcere. Il 25 vanno a trovarlo i due parlamentari, con Repici, e nei giorni successivi tutti e tre sono in procura, a Palermo. Il 29 i procuratori aggiunti di Palermo Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci vanno a sentire il boss, sul tentativo di suicidio, ma senza la presenza del difensore Rosalba Di Gregorio. Provenzano non è affatto pentito. A differenza, forse, di quanto avevano capito Alfano e Lumia.
da Panorama
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