Circumetnea. Nel troncone messinese del processo assolti Chiofalo e Maltauro

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Un troncone del processo scaturito dalla maxi-inchiesta sugli appalti della ferrovia Circumetnea, seconda stazione appaltante in Sicilia dopo l’Anas, si è concluso ieri davanti ai giudici della prima sezione penale di Messina. Si tratta del troncone che vedeva imputati l’imprenditore catanese Enrico Maltauro e l’ingegnere messinese Giuseppe Chiofalo accusati di corruzione aggravata. Ieri sono stati assolti entrambi.

L’inchiesta della Procura catanese, nel 2007, ipotizzò che la Sigenco, ditta che ebbe in appalto i lavori della Circumetnea, avrebbe risparmiato sul ferro delle gallerie – si parlò di ben 1,2 milioni di euro – e
di aver utilizzato “per la realizzazione delle opere di consolidamento degli scavi, grandi quantità di cemento di qualità inferiore a quella pattuita e documentata, con gravi pericoli per la pubblica incolumità”.

Tra i vari filoni d’inchiesta che via via si dipanarono nel tempo dall’inchiesta madre, in cui furono ipotizzati reati vari, quali concorso in frode nelle pubbliche forniture, falso, concorso in disastro colposo, arrivò anche il reato di corruzione, che portò al rinvio a giudizio di Maltauro e Chiofalo.

Enrico Maltauro, amministratore delegato del gruppo Maltauro Costruzioni- sostennero al tempo gli inquirenti – avrebbe corrisposto a Giuseppe Chiofalo, capo della segreteria tecnica del sottosegretario ai Trasporti Raffaele Gentile, “una somma di denaro trasmessa a mezzo bonifico bancario sul conto corrente appositamente aperto da Chiofalo a nome del centro studi Cetras, e dalla società Ambiente e Sicurezza, quale prezzo della disponibilità dello stesso Chiofalo a favorire il gruppo Maltauro”.

Questo rapporto tra Maltauro e Chiofalo avrebbe – nell’ipotesi della Procura – “consentito l’interessamento al buon esito di provvedimenti dell’amministrazione”.

Tutte accuse cadute nel corso del processo, svoltosi al Tribunale di Messina per competenza territoriale. Le tesi dei difensori, avvocati Nino Granata, Dedola e Grasso, hanno convinto i giudici: assolti Chiofalo e Maltauro perchè il fatto non sussiste.

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