Un “entra ed esci dal carcere” per Carmelo Bisognano, il superpentito detenuto dallo scorso anno che a partire dal 2010 ha svelato le attività criminali del clan nel quale ha operato per anni: quello di Barcellona.
Bisognano, come si conviene a chi collabora con la Giustizia, nonostante i trascorsi da boss mafioso, da qualche giorno è tornato a vivere in località protetta, in immobile messogli a disposizione dal Ministero dell’Interno ( dal quale non potrà uscire dalle 19 alle 8 ) e con obbligo di dimora in quel segreto Comune.
Il boss pentito, da precedente località protetta era tornato in carcere nel maggio 2016, coinvolto nella operazione “Vecchia maniera”, della Polizia.
L’accusa sostenne che il collaboratore di Giustizia, anche da lontano continuava a gestire affari e ad esercitare un ruolo nel suo clan.
Bisognano, condannato in via definitiva per associazione mafiosa quale capo della cosca mafiosa dei “Mazzaroti”, in base alle intercettazioni disposte dalla Dda, “non aveva smesso – come rilevò lo scorso anno il Gip nella sua ordinanza in cui dispose l’arresto del boss ‘pentito’ – di coltivare anomali interessi per il territorio di Mazzarrà Sant’Andrea, nonostante si fosse allontanato da tempo da quell’area”.
In particolare- secondo l’accusa – il pentito era intervenuto a difesa di un imprenditore di Mazzarrà, Tindaro Marino, che aveva subito a scopo estorsivo l’incendio di un veicolo. Bisognano ne prese le parti e dissuase gli uomini del racket dal continuare nella loro attività estorsiva.
A motivo della ‘difesa’ ci sarebbe stato che il collaboratore aveva un diretto interesse nella società di cui era formalmente titolare l’imprenditore Marino, anche lui tra gli arrestati della “Vecchia maniera”.
Per Bisognano, dunque, lo scorso anno si riaprirono le porte del carcere, gli fu comunque mantenuto il programma di protezione. Per questo motivo un anno dopo è tornato libero, pur con il vincolo dell’obbligo di dimora in località protetta. In attesa della sentenza del processo scaturito dalla operazione “Vecchia maniera”, in corso davanti ai giudici del Tribunale di Barcellona.
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