Sarebbero 14 gli avvisi di garanzia notificati nell’ambito delle indagini sull’agguato al presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, condotte dalla DDA di Messina insieme alla Squadra mobile. L’ipotesi quella di tentato omicidio, anche se sulla vicenda vige il più totale riserbo e ci si basa su indiscrezioni.
Gli avvisi di garanzia sarebbero stati emessi per consentire accertamenti tecnici non ripetibili sulle persone indagate.
Si tratterebbe in particolare dell’esame del DNA e la successiva comparazione con le tracce biologiche rinvenute sul luogo dell’attentato, in cui, oltre a bottiglie incendiarie, sono stati trovati alcuni mozziconi di sigaretta.
I fatti risalgono alla notte del 18 maggio scorso. Antoci viaggiava a bordo della sua vettura sulla statale che collega San Fratello a Cesarò. Stava rientrando da una manifestazione svoltasi a Cesarò, in compagnia di un poliziotto di scorta, quando due persone hanno fatto fuoco contro l’auto, sparando alcuni colpi di fucile. L’agente ha reagito rispondendo al fuoco e ferendo uno dei malviventi. Fortunatamente l’agguato non ha avuto conseguenze nè per il Presidente del Parco dei Nebrodi, nè per il poliziotto.
Un agguato che era stato preceduto da intimidazioni e minacce, con invio di proiettili e messaggi minatori, e che sarebbe stato scatenato, secondo gli investigatori, a seguito dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata ratificata attraverso il cosiddetto “Protocollo di legalità”.
L’accordo era stato stilato il 18 marzo 2015 tra Prefettura, Regione Siciliana, Ente Parco dei Nebrodi, Comuni aderenti allo stesso Parco ed Ente di Sviluppo Agricolo ed era finalizzato arendere più incisivi i controlli antimafia nell’ambito delle procedure di concessione a privati di beni compresi nel Parco dei Nebrodi a tutela delle imprese che operano nel settore agro-silvo-pastorale e della corretta e trasparente gestione degli aiuti comunitari destinati al comparto agricolo.
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