La triste piaga delle corse di cavalli a Messina è stata affrontata dal Governo. L’ultima corsa clandestina che è stata segnalata risale al 25 giugno 2020. La notizia, arrivata nel periodo successivo al lockdown, destò talmente scalpore da convincere il deputato di Liberi e Uguali Nico Stumpo a presentare un’interpellanza all’allora Governo Conte.
Ieri, durante la seduta della Camera dei Deputati, il Sottosegretario di Stato all’Interno Ivan Scalfarotto ha risposto all’interpellanza del 28 luglio scorso. «Nella città di Messina – ha detto Scalfarotto nel suo intervento – le corse clandestine di cavalli rappresentano un tradizionale settore d’interesse delle organizzazioni criminali che utilizzano tale attività quale fonte di guadagno, attraverso la gestione di scommesse illecite».
«Anche a seguito dell’episodio a cui fa riferimento l’interpellanza – ha continuato il Sottosegretario – avvenuto il 25 giugno scorso, è stata disposta l’intensificazione, secondo il piano coordinato di controllo del territorio, del pattugliamento delle zone in cui venivano solitamente organizzate le competizioni clandestine ed è stato avviato il controllo, anche con l’ausilio di personale medico veterinario, dei manufatti adibiti a ricovero dei cavalli presenti in diversi quartieri della città di Messina».
Il Governo ha fatto sapere inoltre che i dati sulle corse di cavalli a Messina hanno registrato una diminuzione del 17% rispetto al 2019. La tendenza si sta confermando anche nel nuovo anno, con una riduzione del 37% rispetto a gennaio 2020.
Non si è fatta attendere la reazione delle forze politiche cittadine. Si è detto soddisfatto il Segretario Provinciale di Articolo Uno Messina, Domenico Siracusano, che in una nota congiunta con la responsabile nazionale lotta alle mafie e corruzione di Articolo Uno, Maria Flavia Timbro, ha aggiunto: «Oltre all’attività repressiva va avviata una seria politica di contrasto, anche a livello locale, con misure di sostegno agli imprenditori e ai commercianti che denunciano, percorsi educativi e azioni di welfare comunitario a partire dalle periferie più degradate».
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