Il Porto di Messina, un riparo sicuro tra realtà e mitologia
Partendo dalle origini della città stessa, l’antica Zancle ha una storia più lunga e complessa di quanto si creda. Inscindibilmente legata alle acque e alle correnti dello Stretto, Messina ha un passato da scoprire e riscoprire, che si può raccontare attraverso la storia del suo Porto.
«Questo braccio di mare – spiega Franz Riccobono – si è costituito in era geologica recente. Probabilmente all’inizio si trattava solo di alcuni scogli, poi uniti tra loro dagli apporti alluvionali provenienti dai corsi d’acqua che sfociavano nella pianura a Sud dell’attuale Porto. In origine vedeva un bacino d’acqua più ampio, i cui limiti terracquei raggiungevano le attuali via Garibaldi e via I settembre.
Poi, nel corso dei secoli, la sponda occidentale e meridionale del Porto si andò progressivamente interrando a causa degli apporti alluvionali conferiti a Nord dal Torrente Portalegni e a Sud dal Torrente Camaro e dalle sue derivazioni (asse via Santa Cecilia-Via Santa Marta). Con le opere di fortificazione approntate nel XVI secolo si provvide a drizzare il corso del Portalegni lungo l’attuale asse costituito da via T. Cannizzaro, facendo sfociare il torrente a Maregrosso ed evitando così ulteriori interramenti del Porto. Per il passato, fino al XVI secolo, il torrente Portalegni seguiva la direttrice via T. Cannizzaro, via Cavour, piazza Duomo, per sfociare tra il Banco di Sicilia e la Chiesa dei Catalani. Non a caso l’attuale piazza Duomo veniva chiamata contrada Fiume».
Zancle, la falce, il mito
Ma al di là della concretezza della geologia, la città di Messina e in particolare il suo Porto sono legati al mito di Crono, figlio di Urano (il Cielo) e Gaia (la Terra). La leggenda narra che alle origini della storia, Urano, sposato con Gaia, impedisse ai propri figli di vedere la luce bloccandoli nel ventre materno. Un giorno, però, il titano Urano, il più piccolo dei suoi eredi, riuscirà a ribellarsi, evirerà il padre con una falce per poi gettarla sulla terra. Nascono così, secondo il mito, il Porto e la città di Zancle (che, dal greco, significa appunto “falce”).
Sarò proprio quella falce, il Porto di Messina, a offrire riparo a Ulisse, appena scampato dai mostri Scilla e Cariddi, così come farà poi, nella storia, con pirati tirreni, cumani, argonauti, esploratori micenei. Chiunque, insomma, si muovesse nel Mediterraneo centrale trovava ristoro e riparo nel Porto di Messina.
Gli scavi archeologici, Zancle città antica
Ma riaffacciandoci alla storia, anzi alla protostoria, scavi abbastanza recenti hanno permesso di fare maggiore luce sulle origini della città dello Stretto.
«Gli scavi archeologici – spiega Franz Riccobono –, per quanto occasionali, effettuati circa 50 anni fa dal gruppo archeologico del circolo Codreanu, misero in evidenza la presenza di importanti reperti proprio all’attacco della Falce, (nello scavo degli ex mulini De Natale, presso l’attuale cavalcavia e nel materiale recuperato nei dragaggi per la realizzazione della banchina Egeo, presso i cantieri Rodriguez), riferibili al periodo miceneo (1200-800 a.C.) ed in maniera più cospicua alla prima metà dell’ottavo secolo a.C.. Tali ritrovamenti fanno di Zancle la più antica colonia greca in Occidente, superando il consolidato primato riferito alla vicina Naxos».
Ancora prima di questi scavi – prosegue –, Paolo Orsi determinò la presenza di tutta una serie di reperti riferibili al periodo greco arcaico. In particolare, si trattava di ceramiche in stile protocorinzio e corinzio che il grande archeologo roveretano ebbe a riferire a un santuarietto dedicato alla ninfa Pelorias realizzato in quella zona. Il ritrovamento avvenne nel sottosuolo dell’area definita dall’attuale castello del Santissimo Salvatore, oggi ben tenuto dalla Marina Militare.
Il Porto di Messina e la marineria messinese – aggiunge – ebbero poi un ruolo determinante nell’espansionismo di Roma nel Mediterraneo, realizzatosi a seguito delle Guerre Puniche iniziate con la chiamata in causa da parte dei mamertini che in quel tempo occupavano la città e il Porto di Messina. Roma riuscì a sconfiggere nel tempo Cartagine grazie alla perizia in mare della marineria peloritana. Quindi, se il Mediterraneo verrà definito poi il “Mare Nostrum” della romanità, una parte del merito va agli antichi messinesi. Per le sue benemerenze, Messina fu dichiarata dai romani Città Foederatae e Protometropoli della Sicilia (la capitale della Sicilia era Messina, non Palermo)».
(Foto dell’archivio di Franz Riccobono e Giangabriele Fiorentino)
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