Grande ritorno a Salina del maestro Dimitri Salonia e della scuola Coloristica Siciliana, che dopo il successo dello scorso anno con la presentazione ad Expo e al Marefestival delle opere sui “mercati siciliani”, sarà di nuovo alla kermesse isolana con una mostra sulle Eolie dal titolo “I colori delle isole, i miti e i pirati“.
Salonia, pittore messinese di fama internazionale, insieme alle artiste Lidia Monachino e Tanja Di Pietro, presenterà l’esposizione il prossimo 21 luglio alle 19 all’Hotel Ravesi di Malfa e Salina. Con pennellate magistrali, gli artisti faranno rivivere l’anima delle isole, resa vivida dai colori accesi tipici della natura incontaminata delle Eolie.
Nei quadri, che resteranno esposti dal 19 al 24 luglio, si esalteranno dei colori diversi per ogni isola. Ci sarà quindi il giallo predominante delle ginestre e dello zolfo di Vulcano, il nero della sabbia e il rosso della lava della Sciara del Fuoco a Stromboli, il bianco come le pomici di Lipari e l’azzurro del mare all’interno delle grotte a Filicudi. Ma anche il verde di Salina e l’arancione dei fichi d’india di Alicudi. Nei quadri scorci magnifici, tramonti, ma anche i miti come Eolo, e le leggende sui pirati dell’isola.
Dimitri Salonia nel suo bellissimo quadro su Pollara a Salina descrive anche il simbolo della grotta, come rifugio sicuro contro gli assalti dei pirati e del mare sottolineando: “Quell’antro che ti avvolge, ti comprime e ti sputa verso l’abisso. Spruzzi di maree spinte da correnti lontane, che avvolgono le sabbie e le reti. Le fauci della grotta che ingoiano le barche”. Poi esalta l’isola: “E poi la luce e i colori del mare, delle spiagge, delle rocce, delle piante e dei fiori, che fluiscono nelle vene globali delle nostre timide vite. Tutto questo scorre tra le pieghe della mia memoria. Salina è stata la mia delizia e il mio tormento”. Salonia descrive poi con i colori anche le altre isole: “Voglio ricordare soltanto il sole rosso che si tuffa nell’immenso azzurro, o si nasconde dietro l’isola di Filicudi, sdraiata sul mare, nella sua apparenza di donna incinta. E la ginestra selvatica e la spinosa pianta di Cristo, che esplodono, nel verde della macchia, in fiori gialli splendenti. I mille colori della roccia, alla valle di Muria, dal bianco calcareo, al giallo e al verde dello zolfo, alla ruggine del ferro, al rosso cinabro e all’arancione, al marrone e al nero dell’ossidiana, al grigio asfittico o splendente della pozzolana, e anche il viola, l’azzurro, il celeste e il ciclamino, e tante, tante sfumature diverse, che mutano accarezzate dalla luce dei raggi solari, o della luna. Quelle rocce che si inerpicano sul monte o si tuffano tra le limpide acque del Tirreno. Lontano, immoto, l’azzurro orizzonte, bluetto e scuro sotto la volta cerulea, o grigia di lampi e di tempesta. La pioggia che batte su quelle rocce disegna pennellate, lucide e iridescenti, di indaco e di bruno, dipinte dalle mani segrete di ignoti artisti, forse mai nati“.
Sempre il 21 luglio, alle 23 nella piazza di Malfa, la Fondazione Salonia presenta “Bruno e il mare“, un film di denuncia e riflessione, che ha già conquistato Parigi e il resto della Francia. La pellicola è stato apprezzata al centro culturale Internazionale presieduto da Christiane Peugeot, in occasione del XIII Meeting Del Atelier Du Non Faire. Il film del regista messinese Eros Salonia, noto in tutta Europa, è stato girato tra Messina e le isole Eolie, e il protagonista, così come altri attori, è un paziente di un centro psichiatrico. Il film è stato selezionato dalla prestigiosa Agence du court métrage ed è stato proiettato all’Atelier Z, a Parigi.
“Nel film – spiega Eros Salonia – il protagonista Bruno viene truffato da alcuni politici che lo accusano di aver rubato un quadro, che in realtà non esiste e gli impongono di ripagarlo, ma lui saprà riscattarsi e vendicarsi. Il mediometraggio è nato in collaborazione con il Centro d’arte e terapia Camelot di Messina. Il suo direttore, Matteo Allone ha voluto difatti, tentare l’esperienza unica di rendere protagonista assoluto, un ospite del centro, Bruno Pulicicchio, che la telecamera ha colto nella sua ricchezza umana, scoprendo in lui un professionista senza confronti, capace di trovare una dimensione creativa che non potrà non commuovere chi guarda l’arte con onestà. Bruno e il mare trasporta, nella sua enorme cornice vuota, lo spettatore in un’atmosfera surreale, percorrendo allo stesso tempo, il cinema italiano e francese dell’ultimo quarantennio. Bruno non è un uomo da compatire, ma rappresenta il cammino di noi tutti. Diventa l’uomo che vede aldilà delle forme imposte. La trasformazione finale di Bruno e della sua compagna in pesci, testimoniano il silenzio dell’uomo di fronte alla natura, evidenziando che le porte dell’animo sono aperte solamente a chi di chi ha il coraggio di ascoltare”.
“Ho voluto realizzare questo film – spiega Salonia – perchè ritengo sia importante raccontare storie di denuncia sociale, e i risultati ottenuti non potrebbero essere conseguiti con «semplici» professionisti, il cui desiderio di una professionale infallibilità rende spesso convenzionali. Nel film inoltre, Bruno e gli altri protagonisti vengono esaltati nel loro talento artistico, non per quello che rappresentano, ma per come fanno emergere i loro personaggi. Vengono ammirati non perchè persone con un disagio, ma come artisti”.
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