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Palazzo Zanca. “Troppa grazia Sant’Antonio”

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Il ‘rigore’ scattato a Palazzo Zanca da qualche giorno ha il sapore dell’età dell’innocenza, della marachella compiuta da bambini, cui segue l’andata a letto senza guardare la TV per ferrea decisione di mamma e papà. Sappiamo tutti che, almeno quella marachella, per un po’ non la si compie più.

Uguale uguale, tutti allineati e coperti al Comune da quando ‘Gettonopoli’ ha scosso il palazzo. E, se prima nel tempio della politica messinese erano ‘porte aperte’, specie in uscita, adesso è sorveglianza stretta. Ma la domanda è: ma chi volete che sgarri a ‘inchiesta calda calda’?

La Digos, che ha effettuato i 3 mesi di indagini per conto della Procura e che lo scorso martedì, in coda alla originaria attività investigativa, ha sequestrato il registro su cui 12 dei consiglieri indagati devono apporre la firma, come disposto dal gip, ha pure cercato corrispondenza tra orario di arrivo e uscita ( l’obbligo firma al posto “Zanca” della Polizia Municipale) e quello della presenza in seduta di commissione ( in entrata e in uscita). Controllo doppio, dunque, per chi, oggi come non mai, anche meritasse l’accusa di truffa e falso ipotizzata dal procuratore aggiunto vincenzo Barbaro e dal sostituto procuratore Diego Capece Minutolo, ovvio che si senta investito dal sacro fuoco del dovere politico- istituzionale.

Superfluo, poi, che la stretta misura arrivi anche da ‘casa Zanca’, dove un severo ‘governante’ – il direttore generale Antonio Le Donne – ha disposto nei punti strategici attente ‘sentinelle’: dipendenti comunali che seguono i consiglieri  in ogni movimento, come fossero cecchini pronti a sparare. Nessuna via di mezzo al Comune di Messina, dove è in atto una piena messa a regime.

Palazzo Zanca: dal Paradiso all’Inferno senza passare dal Purgatorio.

Patrizia Vita

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