TaoOperaFestival. Intervista a Myron Michailidis, direttore di “Carmen”

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«”Carmen” è un’opera eternamente attuale, non esisterà mai un momento storico in cui sembrerà fuori luogo».
A parlare è il maestro Myron Michailidis, uno dei direttori d’orchestra greci più in vista degli ultimi anni, che il 15 luglio salirà sul podio del Taormina Opera Festival per l’apertura della stagione lirica 2015 al Teatro Antico, a dirigere il nuovo allestimento della Carmen di Bizet, realizzato dal regista e scenografo Enrico Castiglione.
In quella data sarà trasmesso in diretta nei cinema di tutto il mondo, trasformando così l’importante evento artistico siciliano in un appuntamento internazionale.

A calcare le scene, ideate appositamente per la suggestiva cornice offerta dalla cavea taorminese, sarà un cast di autentico prestigio: il mezzosoprano Elena Maximova, nel ruolo di Carmen; i tenori Giancarlo Monsalve (15 luglio, 10 e 13 agosto) e Warren Mok (1 e 7 agosto) si alterneranno nei panni di Don José; i baritoni Michael Bachtadze (15 luglio, 10 e 13 agosto) e Sun Li (1 e 7 agosto) saranno Escamillo; mentre la voce di Micaela sarà quella dei soprani Joanna Parisi (15 luglio), Bing Bing Wang (1 e 7 agosto) e Daniela Carvalho (10 e 13 agosto).
Completano la compagine artistica la costumista Sonia Cammarata, i cui abiti di scena saranno impregnati di un forte realismo storico, e il Coro Lirico Siciliano diretto da Francesco Costa. Lo spettacolo andrà in replica l’1, il 7, il 10 e il 13 agosto, inizio alle ore 21.30.

Myron Michailidis, classe 1968, è noto per il suo stile di conduzione energico e autorevole, un talento che negli anni gli ha permesso di conseguire importanti traguardi professionali: dal ruolo di direttore d’orchestra permanente dell’Opera of Eastern Saxony in Germania, a quello di direttore artistico generale e direttore d’orchestra principale della Thessaloniki National Orchestra, fino alla posizione di direttore artistico della Greek National Opera, incarico che ricopre dal 2011.

Di seguito l’intervista al Maestro.


Maestro Michailidis, la sua è
 una carriera brillante. Qual è stato il percorso che l’ha portata a rivestire incarichi tanto prestigiosi?

«La mia vita è sempre stata in qualche modo legata alla musica, sia che semplicemente l’ascoltassi o che suonassi uno strumento immaginario. Quando compresi che questa sarebbe potuta essere la mia vera strada, iniziai a studiare pianoforte ad Atene, con Dimitris Toufexis, e poi conduzione alla Music Academy di Berlino con Hans-Martin Rabenstein, Miltiadis Karydis e Simon Rattle. Nel frattempo, però, ho anche conseguito una laurea in legge presso l’università di Atene».

 

Il suo repertorio spazia dall’universo lirico a quello sinfonico, senza dimenticare quello corale. Quale di questi ha il suo favore?

«È vero, come direttore non mi sono mai limitato a dirigere una sola tipologia di lavori, ma ho abbracciato la musica nella sua totalità. Devo però ammettere che tra tutte, l’opera lirica è la mia favorita. Possiede una tale complessità, anche nei titoli apparentemente più semplici, che non si può non amarla. Per un appassionato, la lirica è la regina assoluta: al canto degli strumenti si unisce quello della voce umana, un legame consacrato dal fascino senza tempo dell’azione drammatica. Tra i grandi autori, proprio per la loro potenza espressiva, senza dubbio non possono mancare all’interno della mia top ten Verdi, Puccini, Bizet e Wagner».

 

Parliamo della Carmen. Qual è a suo avviso il maggior pregio di questa opera così amata dal pubblico?

«Come sapete, la prima rappresentazione è datata 3 marzo 1875, sono dunque passati ben 140 anni da quel giorno, eppure il lavoro del compositore francese non è mai diventato fuori moda, anzi è sempre attuale. Non è ancora esistita un’epoca in cui il libretto scritto da Henri Meilhac e Ludovic Halévy sia apparso fuori contesto, stridente rispetto alla contemporaneità. La chiave di questo successo risiede, a parer mio, nell’ambientazione non mitologica o prettamente storica della narrazione, un aspetto che permette un’immediata sintonia tra il pubblico e le vicende messe in scena. Sebbene anche opere come AidaNormaTosca o L’anello del Nibelungo abbiano un valore universale e trasversale, trovo che Carmen abbia un portato emotivo e sociale talmente sfaccettato che riesce a entrare in contatto con chiunque, in qualunque luogo e in qualsiasi tempo. È un’opera eterna, appartiene al passato come al presente, e sono certo che apparterrà anche al futuro».

 

Dal punto di vista musicale, invece, cosa ci riserva lo spartito creato da Georges Bizet tra il 1872 e il 1875?

«Tra i tanti aggettivi che potrei spendere sulle note composte da Bizet, credo che quello che rende meglio la loro natura più profonda sia “variegate”. Il pianista e compositore parigino è riuscito perfettamente nell’impresa di tratteggiare melodicamente non soltanto le emozioni in senso lato, ma di renderle specifiche per ciascun personaggio. La musica segue l’andamento narrativo trasformando in linee di pentagramma i sentimenti di Carmen e di Don José, ma anche quelli di altri ruoli di spicco come Escamillo e Micaela. Ecco la vera bellezza di quest’opera: tutte le voci hanno la possibilità di esprimersi al meglio e di trovare nell’accompagnamento musicale non solo un appoggio, ma soprattutto un’integrazione alla propria espressività. E poi tra parti liriche, melodiche e drammatiche, c’è davvero l’imbarazzo della scelta, io per primo non saprei sceglierne una, sono tutte fantastiche. L’habanera, danza di origine cubana molto simile al tango, presente nel primo atto, ovvero “L’amour est un oiseau rebelle”, è celebre in tutto il mondo, chiunque dopo aver orecchiato le prime note inizia a canticchiarne il motivo. Ma anche il duetto tra Carmen e Don José durante il secondo atto, “Je vais danser en votre honneur”, che contiene la bellissima aria “La fleur que tu m’avais jetée”, eseguita dal soldato innamorato, è una delle pagine più emozionanti dell’universo operistico».

 

Un’opera complessa dunque. Quali sono i passaggi più ostici per l’orchestra?

«Effettivamente “Carmen” non presenta particolari difficoltà per l’orchestra, diciamo che scorre piuttosto agilmente. La vera sfida, nel caso della nostra performance al Teatro Antico di Taormina, sarà quella di suonare all’aperto. I siciliani capiranno bene questo confronto: tra l’emissione di un suono in un teatro coperto e quella in una struttura all’aperto, c’è la stessa differenza che gli scienziati individuano tra il magma e la lava. Mentre il magma, il materiale eruttivo che si trova ancora all’interno del vulcano, possiede anche le componenti volatili, ossia gli elementi più leggeri e quasi impercettibili; la lava invece li perde nel momento dell’eruzione in quanto queste parti così eteree si disperdono nell’atmosfera. Alla musica si può applicare la medesima distinzione. Quando si suona all’aperto, difficilmente il pubblico riesce a percepire tutte le sfumature armoniche, per questo motivo i musicisti devono concentrarsi molto di più, e io insieme a loro: è necessaria un’estrema precisione per riuscire ad abbattere il divario tra la qualità di un suono eseguito al chiuso e quella di uno all’aperto. Però credo sia doveroso aggiungere che esibirsi in un posto unico come la cavea taorminese sarà un’emozione unica, a prescindere da tutto il resto».

 

Per lei il 15 luglio sarà la prima volta a Taormina…

«Esatto. Non ho mai avuto l’onore di lavorare nella Perla dello Jonio, anzi credo proprio che nessun direttore d’orchestra greco l’abbia mai fatto, e questo per me è un motivo d’orgoglio in più. In più mi sentirò un po’ come a casa, io sono nato a Creta e, da quel che ho potuto vedere, Taormina è una città che ricorda molto l’architettura dei posti in cui sono cresciuto. Già prima di approdare in questa meravigliosa città d’arte e turismo, guardando le foto avvertivo già l’entusiasmo, ma anche la responsabilità, di alzare la mia bacchetta davanti a delle pietre millenarie che faranno da contorno a una messa in scena che lascerà tutti di stucco: il maestro Castiglione è riuscito a ricreare l’atmosfera di una piccola e incantevole Siviglia, sono davvero felice di poter lavorare accanto a un grande artista, il cui nome è sinonimo di qualità in Italia e nel mondo».

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