Primo Settembre, lunedì. Mai come quest’anno data fu più significativa. Inizio del mese, inizio settimana, inizio di una probabile dieta per smaltire le peperonate d’agosto, inizio della stagione delle piogge. Un inizio che decreta però la fine delle giornate al mare, delle cene con gli amici, delle infradito per uscire, della pennichella a orari indecenti, delle granite alle 11, del panino imbottito alle sei del pomeriggio, che tanto stasera ceniamo tardi. Ma gli inizi, in fondo, hanno un certo fascino, sono caratterizzati da buoni propositi e buone intenzioni che ci danno quell’energia la cui assenza ci ha fatto vegetare, ai limiti del coma farmacologico, ad agosto.
È giunta l’ora di scrollarci di dosso l’apatia e affrontare il rientro al lavoro. Menomale che ci sono i servizi al tg, gli articoli sui settimanali femminili, i consigli sui giornali on line a spiegarci come viverlo nel migliore dei modi, o, nel meno peggio. Quindi, coscienti dell’importanza di bere tanta acqua e mangiare frutta e verdura di stagione (a quanto ho capito, vale per affrontare il rientro, ma anche le vacanze, come il primo freddo, l’influenza di stagione e tanto altro), consapevoli di quanto una piantina sulla scrivania migliori la nostra ossigenazione, con il preciso intento di aumentare la nostra produttività sul lavoro in dodici facili regole e allo stesso tempo migliorare il transito intestinale (il segreto di un buon rientro è tutto là), affrontiamo il ritorno sul palcoscenico della produzione messinese.
Ma come viviamo la fine delle vacanze noi messinesi? Decido di dedicarmi all’osservazione dei miei concittadini, proprio questo lunedì mattina d’inizio settembre, anche io pronta per il mio rientro in ufficio, carica, felice, determinata, dopo aver dedicato mezz’ora ad imprecare, maledicendo me stessa per non aver sposato (neanche in seconde nozze) un uomo ricco che mi permettesse di restare a casa a preparare il ragù, invece di uscire con un sonno da narcolessia.
Con un discreto anticipo, considerando il fisiologico traffico che sono convinta di trovare in strada, mi catapulto in auto pronta ad affrontare il mondo. Non so perché mi si sia fatta l’idea di trovarmi in uno di quegli scenari apocalittici del tg cinque, in cui un pover’uomo col microfono parla di raccordi anulari e incolonnamenti con dietro code interminabili di onesti lavoratori pendolari. La delusione, però è cocente: non solo di traffico non c’è neanche l’ombra, ma le strade sono deserte. Alle 8 del mattino, gli unici concittadini che vedo sono: individui sudati che corrono in pista ciclabile, filippini che aspettano i mezzi pubblici, infermieri che tornano dal turno di notte. Pochissime le persone che hanno l’aria mesta o di chi rientra sul posto di lavoro.
Siccome so bene che la situazione si ribalterà completamente quando inizierà la scuola, mi viene spontaneo domandarmi se a Messina non siano forse tutti insegnanti. Quello del traffico mattutino è un mistero degno di Quarto Grado. Ci sono forse dei passaggi sotterranei riservati ai dipendenti comunali o agli impiegati delle Poste? Le commesse vanno a lavorare la sera prima e dormono in negozio? Esiste un altro svincolo alternativo a quella di Giostra, di cui io non so nulla? È stata messa in atto una sorta di partenza intelligente per cui si esce da casa scaglionati, un gruppo ogni quarto d’ora?
Lo stesso mistero si ripete il giorno seguente (così da fugare l’idea che il 90 per cento dei messinesi sia parrucchiere) e per tutta la settimana. Nonostante abbia buttato giù acqua, soffiato vento, si siano intasati i tombini, create vasche artificiali e cascate pittoresche, la situazione è rimasta la stessa. Il quesito resta aperto, insieme a chi pianta semafori nuovi ogni notte? o perché le panchine in piazza Prefettura sono rivolte alle terga di Nettuno?, e tanti altri. Intanto, io, sportivi, filippini e infermieri, ci godiamo ancora per pochi giorni le strade semi vuote.
Giusy Pitrone
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