Tutti i popoli hanno bisogno di una guida, di una figura a cui ispirarsi. E anche noi avevamo il nostro modello da seguire. Magari non bello, con la calvizie incipiente e quelle montature demodé, ma simpatico. Era il nostro uomo simbolo. Purtroppo, una giustizia cieca e violenta ce lo ha tolto, detronizzandolo. E con lui, ci hanno tolto la pace e la serenità che avevamo tutti conquistato con fatica.
È stato più di un sindaco, più di un deputato, più di un uomo politico. Lui si impegnava per la nostra formazione. Lui provvedeva al nostro lavoro attuale e futuro. Era un parente, non da un punto di vista affettivo, ma nel vero senso della parola: la famiglia più numerosa del mondo, le ramificazioni del suo albero genealogico, la sua scelta saggia di unirsi attraverso il matrimonio ad un’altra casata prolifica, gli avevano garantito la copertura totale della città sfruttando fino agli ultimi gradi di parentela. E laddove non fosse riuscito ad arrivare con la famiglia, era lì con la formazione, pronto a raccoglierci come discepoli in un corso professionale.
Ma un brutto giorno, tutto questo è finito. La nostra guida oggi rischia la galera e noi siamo qui, nave senza nocchiero, ad affrontare le piaghe che si sono scatenate da quando Lui non può più occuparsi di noi. La primavera si è interrotta. Il cielo si è oscurato per solidarietà al re sole che non brilla più. Le temperature sono scese di dieci gradi, esattamente il giorno dopo che metà della popolazione messinese aveva stipato i piumini nella parte più alta dell’armadio. Il freddo ci ha schiaffeggiato con i nostri giubbini scamosciati, ancora profumati di antitarme alla lavanda. La grandine e il vento hanno flagellato le nostre notti. E non è un caso. E’ la giusta conseguenza della caduta degli dei. Aspettiamo che le cavallette e le zanzare ci invadano.
Il nervosismo serpeggia in città. Ce la prendiamo con gli autisti dei tram, facciamo a botte per un parcheggio, rapiniamo negozi in pieno centro. Persino i nostri ragazzi hanno sorbito il dolore del momento e si prendono a mazzate tra di loro. Sono allo sbando: cosa devono aspettarsi dal loro futuro se non ci saranno i corsi di formazione? In realtà la nostra rabbia è rivolta alla giustizia che sta riducendo in povertà e disgrazia un uomo buono che voleva solo aiutare la famiglia. Ma i magistrati non hanno cognate? Non hanno nipoti? E se le hanno, sono talmente brutte da non trovare uno straccio di fidanzato? Possiamo punire un uomo solo perché non ha voltato le spalle alla famiglia? Vogliamo crocifiggerlo perché assumeva persone per tenere pulita casa? Trovatemelo un altro uomo che fa carte false per avere il giardino in ordine, i pavimenti splendenti e l’argenteria lucida! E adesso? Vogliono ridurlo in povertà. Ma noi, suoi adepti, lo aiuteremo. Stanno già nascendo da più parti iniziative di solidarietà. Caffè sospesi e pane in attesa, ovviamente per lui, sono solo degli esempi di come le persone siano sensibili verso quest’uomo.
Ma all’orizzonte si staglia già una nuova figura. Agli antipodi del nostro compianto, un nuovo profeta semina e raccoglie adepti. Da una sparuta minoranza, i suoi seguaci stanno diventando un esercito. È colui il quale parla a noi, non attraverso le parabole, ma attraverso le magliette. Niente occhialini, ma sandali e scarpe da tennis. Come Mosè separò le acque del Mar Rosso, il nuovo profeta separa le zone della città. Gioca a calcio a Piazza Cairoli, rischiando di rompersi i denti fra le assi divelte della pavimentazione, solo per lanciarci un messaggio di speranza. Cammina a piedi, o pedala. Si commuove e abbraccia i passanti. Non parenti, ma tutti amici fraterni. Questa città ha bisogno di un capo carismatico. Possiamo solo sperare che il nuovo possa sostituire il vecchio. E che non scoppi uno scandalo giudiziario sulle serigrafie compiacenti e stampa di magliette false.
Giusy Pitrone
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