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Ma che ci fa il sindaco del Tibet dal Papa? Ah, già…è Renato

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fondamentalmente messinaChe abbiamo un sindaco sui generis, lo sappiamo. Lo abbiamo votato e abbiamo corso per le strade con lui, commossi. Va bene, io ero in macchina, ma con i tacchi non potevo rischiare l’osso del collo. Scegliendo lui, invece del ragazzotto di buona famiglia, elegante, con lieve difetto di pronuncia, abbiamo fatto una scelta di vita. Sapevamo di andare incontro ad un nuovo corso: più colorato, più allegro, più spontaneo. E il prezzo da pagare sarebbe stato la perdita di solennità , più sostanza e meno forma. Quindi, mi chiedo, perché indignarsi di fronte alle immagini del nostro amministratore col Papa? Cosa ci aspettavamo?
Lo immaginate Renato in un Canali fumo di Londra? La mia mente non ne è capace. Del resto, ha fatto semplicemente quello che tutti noi ci aspettavamo da lui. Il Santo Padre è stato felice di averlo incontrato, anche se ha chiesto ai sui collaboratori come mai il sindaco del Tibet sia riuscito ad intrufolarsi in mezzo ai rappresentanti delle amministrazioni locali italiane. Oltre a interrogarsi sul motivo per cui in Tibet ci sia un sindaco. Si mormora che Renato, salutandolo con un affettuoso “ciao Ciccio”, gli abbia spiegato che un’unghia incarnita gli dava il tormento già dalla mattina e quindi abbia preferito lasciare le scarpe da tennis fuori, in una sacca 24 ore che porta sempre con sé.
Pare che abbia glissato sul suo credo religioso. Essendo il Papa un simpaticone, Renato non se l’è sentita di dirgli di non essere cattolico. Un po’ come quando da bambini facevamo finta di essere tutti della Juve, se il più grande era Juventino. Ha preferito spostare l’attenzione su altri argomenti, sempre confacenti alla forma mentis del Santo Padre. Ha spiegato infatti come la sua amministrazione sia vicina agli immigrati, ai poveri, ai bisognosi in genere. “Che vada al diavolo il buddace medio!”, pare abbia detto, ma si sa come sono le malelingue. Si è creato anche un piccolo equivoco che ha permesso di evidenziare le qualità rare del nostro primo cittadino: mentre Papa Ciccio tentava di chiedere come mai avesse fatto tanta strada dal Tibet, l’ingenuo Renato ha creduto che stesse lodando la sua maglia, e, toccato da quella presunta ammirazione, resosi conto anche dello stile un po’ austero del Santo Padre, ha deciso di regalargli l’unico cambio che si era portato da casa. Ditemi se questa non è generosità. Ha preso una maglietta tale e quale alla sua e l’ha donata al Papa, incurante del fatto che un bucatino all’amatriciana avrebbe potuto macchiargli il solo indumento in suo possesso.
Come se non bastasse, il nostro sindaco ha caldamente invitato il Santo Padre a Messina, parlandogli in maniera accorata degli arancini di Famulari e di quello a lui intitolato, completamente vegetariano. Sconsigliandogli di scegliere agosto, che fra Vara, giganti, fiera, il caldo e le zanzare c’è “i moriri”, il Sindaco si è detto impaziente di averlo in riva allo Stretto per una festicciola informale con i rappresentanti di tutte le religioni. Il Papa ci è rimasto un po’ male, a quanto si dice. Appena lo toccano sulla religione salta in aria. E’ un po’ permalosetto. Pare abbia detto che il sindaco tibetano lo ha invitato, ma per non scontentare nessuno, debbano venire pure monaci e rabbini, e a lui di litigare non va proprio.
Probabilmente non ha colto il fatto che Renatone vorrebbe solo che si risolvessero queste stupide bagarre vecchie di millenni e ci si mettesse una bella pietra sopra. Che entro Natale si faccia pace, ché non se ne può più di questi musi lunghi dai tempi di Gesù. Facciamo pace a Messina! Come una grande famiglia, davanti alla pasta al forno ci riconciliamo col mondo. Senza ragù però. A conclusione del breve incontro, il nostro rappresentante ha lasciato il suo colorato biglietto da visita, ché il Papa non aveva l’iphone a portata di mano. “Fammi un colpo, Ciccio, ti aspetto!”

Giusy Pitrone

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