“Il Ministero va ormai ripetendolo da marzo che ci sono solo 3 milioni di euro per prorogare il servizio Metromare fino a dicembre. Ed è sempre da marzo che invece da più parti si continua ad annunciare che tutto invece è stato risolto”. Lo scrivono in una nota Lillo Oceano e Pino Foti, rispettivamente segretario generale della Cgil e della Filt Messina.
“Tutti sapevano – proseguono i due dirigenti sindacali- che l’appalto per i collegamenti marittimi veloci passeggeri tra le due sponde scadeva a giugno e che nessuna proroga, per legge, poteva essere concessa se non dopo aver individuato le risorse e bandito la nuova gara. Ma nessuno se n’è curato, e così il Ministero dando prova di voler cassare definitivamente questo servizio si è trincerato sulla concessione di una una-tantum di soli 3 milioni, e le Regioni hanno dato prova che quegli innumerevoli tavoli di discussione non portavano a nulla, dimostrando appieno tutta la loro debolezza.
Anche volendo tralasciare gli obblighi derivanti dalla mancata esitazione del bando della nuova gara, i 3 milioni sono vistosamente insufficienti e poiché il contratto di appalto scade alla fine di questo mese è logica conseguenza che la società mista pubblica-privata Metromare, che vede RFI S.p.A. e Ustica lines S.p.A., chiuderà i battenti per l’oggettiva impossibilità a svolgere l’unico compito per il quale è stata appunto creata.
In un epoca nella quale i trasporti alternativi per nave sono ampiamente ridimensionati per coloro che vivono tra le due sponde dello Stretto – proseguono i due sindacalisti – e per quanti ancora si avventurano coraggiosamente a raggiungere Messina per turismo, si aprirà un’altra stagione di disagi che colpirà i dipendenti di Metromare ma anche tutte le categorie produttive collegate e l’intera economia cittadina. FS, società capogruppo pubblica che comprende RFI e che svolgeva prima da sola con due battelli quel servizio senza contributi, dichiarando tuttavia una perdita annua di 4 milioni- osservano Oceano e Foti – potrebbe correre ancora una volta in soccorso del Governo, per toglierlo dall’imbarazzo, e raffazzonare così un residuo di servizio che soprattutto non evidenzi l’oggettiva contrazione della flotta. Ma anche in questo caso la toppa sarà peggio del danno. Se le navi sono state ridotte perché trasportavano più i treni, le percentuali di domanda del trasporto passeggeri dovrebbe obbligare viceversa il Governo nazionale, a cui spetta l’onere dei collegamenti interregionali, ad un impegno proporzionale ed urgente.
“Messina – concludono- è questione nazionale non solo quando si tratta di “ponte”. Quindi i governi regionali di Sicilia e Calabria che finora senza esito hanno continuato in solitudine a discutere nelle stanze, e le deputazioni nazionali, aprano uno scontro vero con il Governo Nazionale per scongiurare questo ennesimo e mortificante scippo”.
(80)