La Casa di Cura Cristo Re ammette il fallimento e si rivolge alle segreterie di Cgil, Cisl e Uil per l’attivazione della cassa integrazione in deroga: «Come se gli ammortizzatori sociali — scrive in una nota il Segretario regionale dell’Or.S.A., Mario Massaro — fossero un pozzo senza fondo a disposizione delle aziende per coprire i buchi realizzati da gestioni poco oculate. Dopo anni di cattiva amministrazione i nodi vengono al pettine». Massaro spiega che l’Or.S.A., denunciava ormai da tempo l’andazzo che avrebbe condotto la clinica al collasso economico: «I tentativi di compressione indiscriminata sul costo del lavoro ed altri “tagli” volti al recupero del bilancio senza valutare le ricadute sulla qualità dell’assistenza offerta all’utenza, hanno prodotto il calo delle entrate denunciato dall’azienda. La struttura — prosegue il sindacalista — è stata altresì retrocessa in fascia “C” all’Assessorato alla Sanità ed estromessa dall’associazione datoriale Aiop. Le conseguenze di tale gestione si riassumono nell’inevitabile riduzione delle sovvenzioni pubbliche». Chiedere adesso la collaborazione dei sindacati per l’Or.S.A. si traduce nel voler “mettere una pezza” a una condizione non più sostenibile: «Prima di scaricare ancora sulle casse collettive il reddito di altri incolpevoli lavoratori, un sindacato responsabile, dovrebbe chiedere all’azienda di giustificare le “inusuali” prese di posizione che hanno prodotto la probabile insoddisfazione dell’utenza: personale infermieristico a “chiamata” occasionale in sostituzione del personale in organico con relativo calo della qualità dell’assistenza; personale della ditta di pulizie a “chiamata” in sostituzione del personale ausiliario; personale amministrativo “multiuso”; addetti alla fisioterapia in parte a “chiamata” costretti ad effettuare doppi turni; personale medico costretto a sdoppiarsi tra reparti, ambulatori e sala operatoria». Alla luce di ciò, l’Or.S.A. ritiene irresponsabile assecondare le iniziative di un’azienda che ha dimostrato — scrive il sindacato — scarsa dimestichezza nella gestione. Pertanto, — conclude Massaro —, «è indispensabile la cura d’urto. La cassa integrazione sarebbe come un pannicello caldo sulla ferita in cancrena, nell’interesse dei lavoratori e dell’azienda stessa. Bisogna valutare seriamente l’opportunità di intervenire con ogni strumento disponibile per orientare l’azienda verso un’inversione di rotta nelle scelte Organizzative/Amministrative che alla luce dei fatti si sono rivelate fallimentari».
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