“Erebo. Il lungo addio” della compagnia messinese QA-QuasiAnonimaProduzioni è andato in scena a Roma per il Festival dell’Arena il 20 e il 21 agosto scorsi.
Nella suggestiva cornice del Parco Archeologico dell’Appia Antica, la pièce diretta dalla regista e drammaturga Auretta Sterrantino è stata accolta favorevolmente da un pubblico attento ed emotivamente partecipe che, sin dal suo ingresso in teatro, ha potuto immergersi nelle cupe atmosfere dello spettacolo.
Un albero dai colori tetri, intreccio di rami e radici, rievoca il melograno che ha legato Persefone all’Ade, diventando simbolo della vita negata. L’albero proietta sulla scena un intreccio di Anime Morte ugualmente tetro, in un Erebo dominato dal nero e dal rosso di Persefone e dei suoi fiori e violato soltanto dal bianco di Penelope.
La chiave di lettura della messinscena si presenta come un interessante continuo ribaltamento del mito, di cui chiaro esempio è la rottura dello schema dell’attesa che, nel suo farsi e disfarsi, mostra come l’uomo sia perennemente condannato alla ricerca di qualcosa; una ricerca ossessiva perché solo di rado riesce a trovare soddisfazione. Essa infatti non tende al sé, ovvero alla sostanza delle cose, ma a “qualcosa di altro” e si esprime attraverso il viaggio senza meta, l’amore per l’altro che porta alla consunzione di entrambi o, peggio, la brama di potere.
La mise en scène si fonda su una forte coralità che si esprime, non solo attraverso la recitazione. Ogni elemento, infatti, fa chiaramente parte di un disegno ampio e complesso in cui tutto tende alla ricerca di un’armonia che restituisca il senso. La potenza della parola, del gesto e della musica concorre a scavare nell’animo dello spettatore, componendo in un microcosmo carico di metafore l’ansia di ricerca insita all’uomo e una realtà di dolore profondamente attuale.
Il testo, originale rielaborazione di autori classici e moderni, tutti legati a tematiche mitiche, tende a una linea drammaturgica unitaria. Il punto di partenza è un’immaginifica discesa di Penelope negli oscuri recessi della terra, nel regno di Persefone, dimora delle Anime Morte. Esse costituiscono il fulcro dell’azione, e consentono, con il loro continuo mutare passando da un destino a un altro, di attraversare miti molto diversi, ma tuttavia intimamente legati.
L’interpretazione di attori e musicista si rivela sentita e forte, tanto da sostenere l’impianto drammaturgico e rendere viva l’idea registica. Nonostante la diversità dei ruoli i sette artisti in scena vengono percepiti come un corpo indivisibile che investe il pubblico con un’unica spinta emozionale. Nel cast interamente messinese: Livio Bisignano, Loredana Bruno, William Caruso, Giulia De Luca, Oreste De Pasquale, Giada Vadalà. Le musiche originali, eseguite dal vivo, insieme ad alcuni stralci di brani editi sono firmate da Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella; la scena, i costumi e il trucco sono curati da Valeria Mendolia.
Lo spettacolo ha colpito positivamente i direttori artistici della rassegna Yuri Napoli e Claudia Natale. «Ero profondamente commossa al termine della prima replica – ha dichiarato Natale – sentivo che stava accadendo qualcosa di incredibilmente importante, stavamo ricongiungendo la Grecia con Roma. E ci stavamo riuscendo con dinamiche apparentemente folli, in un’Italia del 2015 in piena crisi, in un Festival di 40 date autoprodotto, con una compagnia incredibilmente numerosa che si era imbarcata dalla Sicilia pur di raggiungere il cuore della Capitale. Per un attimo mi è sembrato che il mio sogno di rendere me stessa e gli uomini liberi dalle proprie paure si stesse realizzando e ho compreso che non si può cambiare il mondo, ma si può scegliere di vivere come profondamente si vuole, essendo un esempio. QA-QuasiAnonimaProduzioni indaga l’uomo. Se questa è stata la mia reazione – conclude – Auretta Sterrantino ha centrato in pieno l’obiettivo del suo progetto».
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