BARRILE ANTONINO

Operazione “Bocca di rosa”: nel giro di prostituzione un uomo che costringeva la madre dei suoi 6 figli a vendersi

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BARRILE ANTONINOUndici in carcere, 5 agli arresti domiciliari ed uno con obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, 20 gli indagati. Ed ancora, 6 case di appuntamento scoperte, 15 le ragazze costrette a prostituirsi. Questi i numeri della Operazione”Bocca di rosa”, scattata stamani ad opera dei Carabinieri della compagnia Messina sud nei confronti di vari soggetti, a vario titolo indagati, in concorso, per riduzione in schiavitù, proprietà od esercizio di una casa di prostituzione,induzione, reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

In particolare – secondo gli inquirenti – la riduzione in schiavitù è stata compiuta da Antonino Barrile, 47 anni, ai danni della propria convivente, dalla quale ha avuto 6 figli, costringendola a concedersi ai vari clienti. Barrile avrebbe approfittato dello stato di debolezza mentale della compagna per indurla a prostituirsi.

Le indagini, coordinate dai sostituti procuratori, della Dda, Maria Pellegrino, e della procura ordinaria, Antonio Carchietti, hanno accertato che il sodalizio criminale aveva come base per la propria attività ben 6 case di appuntamento,collegate tra loro, dislocate in vari punti della città, zona centro e zona sud. In via Roma, Contesse, villaggio Santo, e zone limitrofe, 15 donne, dai 21 ai 50 anni, venivano costrette, approfittando del loto stato di subordinazione psicologica, in quanto tossicodipendenti, ad offrire prestazione sessuali. Con costi variabili dai 50 ai 70 euro l’uno, il totale degli “incontri” quotidiani garantiva all’organizzazione circa 1000 euro al giorno. Le lucciole venivano “prestate” alla casa che ne avesse l’esigenza. Lo “smistamento”, dunque, creava una rete di prostituzione abbastanza vasta. Le indagini dei carabinieri, avviate nell’agosto del 2012, hanno accertato che, in caso di assenza delle ragazze, talvolta erano le stesse “maitresse” a prostituirsi, per poter in ogni caso soddisfare il cliente del momento.  

La clientela veniva reperita anche attraverso la rete internet, con espliciti annunci in vari siti specializzati del settore. Ogni frequentatore veniva avvisato telefonicamente all’arrivo di nuove ragazze. Le conversazioni telefoniche venivano,però, intercettate dagli investigatori dell’Arma. Intercettazioni rese complicate dall’utilizzo di un linguaggio in codice da parte degli indagati e dei clienti.

L’organizzazione del sodalizio è stata ricostruita dagli investigatori, fino ad arrivare a definire la struttura di ognuna delle sei “case di prostituzione” ed il ruolo delle persone coinvolte: c’era la Casa “Perre”, cui erano affiliati Giovanni Cisco, Antonio Gumina e Vincenzo Inuso: 9 le ragazze sfruttate. C’era la Casa “Comandè”, gestita da Carmela Comandè, che aveva affiliati Antonino Barrile, Nicolò Carlino, Patrizia Costa, Michele Ferro, Giuseppa Pulejo e Cirino Oriti. 4 le ragazze sfruttate. C’era la Casa “Scucchia”, gestita da un’efficiente 83enne, Pietra Scucchia. Aveva affiliato Antonino Guarnera. Vi lavoravano 4 ragazze. C’era Casa “Piazza”, di Vincenza Piazza, che solitamente ospitava gli incontri di 2 ragazze. C’era casa “Di Pietro”, gestita da Santina Di Pietro Fazio. Anche qui soltanto 2 le prostitute operanti. Infine c’eraCasa “Pascale”, “diretta” da una coppia, Alfredo Pascale e Mallikawathi Edirisinga Arachchige, i quali, pur avendo un ruolo meno attivo nell’ambito del sodalizio, contribuivano mettendo a disposizione la propria casa per gli incontri tra 2 ragazze ed i clienti del momento, laddove le altre fossero impossibilitate a farlo.

Le misure cautelari sono state firmate dal  GIP Salvatore Mastroeni.

Patrizia Vita

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