Processo sulla morte di Attilio Manca, va in prescrizione il reato di omicidio colposo e il giudice decide: la famiglia non può costituirsi parte civile. Rimasto in piedi il solo reato di cessione della droga che fu fatale all’urologo di Barcellona, trovato cadavere nel febbraio 2004, a Viterbo, dunque, a detta del giudice la famiglia non può costituirsi nel nuovo troncone di processo che vede a giudizio Monica Mileti, colei che avrebbe spacciato la dose di eroina a Manca provocandone la morte.
Attilio Manca fu ritrovato cadavere nella sua abitazione di Viterbo, ucciso da un cocktail di eroina, alcol e barbiturici, stabilì l’autopsia. Quel decesso fu archiviato come suicidio.
I genitori, assolutamente non convinti, si opposero all’archiviazione sostenendo che il figlio fosse stato ucciso dopo avere fatto parte di una equipe che operò alla prostata, a Marsiglia, Bernardo Provenzano, il boss di Corleone.
A supporto della tesi proposta dalla famiglia Manca, inoltre, un anno dopo, gennaio 2005, alcune intercettazioni effettuate sul cellulare di Francesco Pastoia, fidatissimo gregario di Provenzano, rivelano del viaggio di Bernardo Provenzano a Marsiglia nel 2003. Pochi giorni dopo Pastoia fu trovato impiccato nella sua cella del carcere di Modena. Da qui il collegamento con il caso Manca. Trovò infatti sostegno la ricostruzione fatta dalla famiglia dell’urologo sulla morte del figlio: Attilio sarebbe stato convocato dalla mafia barcellonese, nel novembre 2003, a Marsiglia, lì avrebbe partecipato all’intervento, assieme ad altri specialisti, su Provenzano, effettuato alla clinica “La Ciotat”.
Secondo il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, però, il boss corleonese sarebbe estraneo alla morte dell’urologo barcellonese.
Il legale della famiglia, Fabio Repici, ritenne lacunose le indagini svolte dalla procura di Viterbo, e portò in aula le ragioni dei Manca: il figlio non si sarebbe potuto iniettare l’eroina nel braccio sinistro perché era mancino; le insistenti richieste di restituzione del corpo alla famiglia fatte da un altro parente alla Procura, a nome dei genitori che, invece, erano all’oscuro di tutto; l’impronta digitale trovata nel bagno di casa del medico, che non appartiene a nessuna delle persone che lo frequentavano abitualmente. Infine, Repici puntò il dito sul ruolo di un cugino di Attilio Manca, Ugo Manca, ritenuto affiliato alla mafia di Barcellona, che si recò in visita a Viterbo dal cugino urologo.
Indagini riaperte, ma per poco, ancora una volta la Procura di Viterbo ne richiese l’archiviazione.
Nel frattempo, andato in prescrizione il reato di omicidio colposo, si apre il processo a carico di Monica Mileti, ritenuta la spacciatrice che vendette la dose mortale di eroina. La famiglia Manca è esclusa dal processo.
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