immagine manifestazione di libera contro le mafie in sicilia

Corteo funebre Sparacio. Libera, Addiopizzo e Arci: «Si faccia luce sui fatti»

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«Le mafie non vanno in quarantena» con queste parole Libera, Addiopizzo e Arci Messina APS commentano quanto avvenuto sabato scorso a seguito della morte di Rosario Sparacio, fratello del boss Luigi. Le tre associazioni attive sul territorio nella lotta alla mafia avviano una riflessione sul ruolo che la criminalità organizzata gioca in situazioni di emergenza, come quella legata al coronavirus, e punta i riflettori sugli strumenti di contrasto a disposizione delle autorità locali.

A dare voce alle tre associazioni nell’avviare una riflessione che parte dal presunto corteo funebre seguito alla morte di Sparacio, per andare oltre, su un livello più generale, sono Tiziana Tracuzzi del Presidio Libera a Messina, Enrico Pistorino, del Comitato Addiopizzo Messina Onlus e Santo Gringeri, di ARCI Messina APS.

Ma prima di lasciare la parola ai rappresentanti delle tre associazioni, facciamo un passo indietro per ricordare, a grandi linee, cosa è successo. Sabato 12 aprile, a Messina, è stata trasportata la salma di Rosario Sparacio, fratello dell’ex boss Luigi, dalla sua abitazione al cimitero. Dietro il carro funebre, come mostrano immagini apparse sui social e in rete, si sono raccolte alcune decine di persone. Sulla vicenda, attualmente, sta indagando la Procura di Messina intenzionata ad accertare se dietro al carro funebre ci siano stati assembramenti.

Il corteo funebre di Rosario Sparacio

Per quel che riguarda le vicende di sabato scorso, le tre associazioni sottolineano che: «Occorre fare piena luce sui fatti legati al funerale di Rosario Sparacio, fratello di Luigi – scrivono Libera, AddioPizzo e ARCI Messina APS. Si accertino i fatti, e, a partire dalla ricostruzione della vicenda, si individuino le responsabilità penali e/o amministrative che possano averla determinata. Tali fatti offrono comunque all’intera comunità messinese, e non soltanto alle organizzazioni impegnate nel contrasto alle mafie, l’occasione per avviare una riflessione su presenza e stereotipi legati al “controllo” del territorio».

La mafia e le emergenze

Ma quanto avvenuto dà a Libera, Addiopizzo e ARCI lo spunto per una riflessione di più ampio raggio.

«La gravità di quanto accaduto a Messina travalica il fatto in sé – scrivono le tre associazioni – e deve determinare un innalzamento delle soglie di attenzione e di percezione della complessità della presenza criminale e mafiosa, che devono interpellare, ciascuno per i propri compiti e funzioni – la politica e l’amministrazione, le forze dell’ordine e la magistratura, i sindacati e le organizzazioni datoriali, e insieme tutto il mondo del volontariato e del terzo settore.

Non vogliamo approfondire, in questa sede, stereotipi e modalità attraverso i quali le azioni di “prossimità” delle mafie favoriscono la crescita del consenso sociale di intere comunità, ma appare evidente che le immense disponibilità economiche dei clan offrono loro la possibilità di mettere in campo quello che molti definiscono “welfare criminale”.

Anche sull’uso dei termini, come ricordato nei giorni scorsi da Enza Rando, vicepresidente di Libera, occorre fare attenzione e riflettere. “Non chiamiamolo welfare – dichiara la Rando – non crea benessere”.

Occorre vigilare in primo luogo perché, ad esempio, partendo da una semplice borsa della spesa, il fenomeno dell’usura su individui, famiglie, piccole realtà commerciali, può ulteriormente svilupparsi o radicarsi, determinando un assoggettamento diretto alle mafie di intere porzioni del nostro territorio. Alle persone e alle imprese serve liquidità e le organizzazioni criminali possono certamente concederla, strozzando però pezzi importanti della comunità».

Gli strumenti delle amministrazione per il contrasto alla mafia

«Per questi motivi – sottolineano Tiziana Tracuzzi, Enrico Pistorino e Santo Gringeri – occorre tenere accessi i riflettori che in tanti hanno puntato sulla vicenda del funerale di Rosario Sparacio: per comprendere come mafie e organizzazioni criminali si sono già riadattate al contesto sociale rapidamente modificato dal coronavirus.

Tutte le componenti della società messinese devono fare la propria parte senza ambiguità o margini di compromissione. In questa logica, ribadiamo con forza la necessità di attivare tutti gli strumenti previsti, e in massima parte inattuati, del “Regolamento Comunale sulle Politiche  Antimafia”, approvato con una Delibera del Consiglio Comunale oltre due anni e mezzo fa, nel novembre del 2017. Uno su tutti, l’Osservatorio Comunale, quell’organo che attraverso la partecipazione dell’Amministrazione attiva, del Consiglio Comunale e delle associazioni, offrirebbe la possibilità di immaginare misure e interventi, dopo un’attenta lettura del fenomeno.

Di fronte alle azioni e alle rappresentazioni di mafie e criminalità, bisogna, senza infingimenti o timidezze, contrapporre interventi di prevenzione e iniziative che affrontino le diseguaglianze sociali in una grande alleanza tra amministrazioni locali e organizzazioni sociali».

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