Agli arresti domiciliari 4 soggetti per associazione a delinquere finalizzata alla truffa: dichiaravano di offrire servizio di assistenza legale senza poi, in realtà, avviare nessun procedimento giudiziario. 15 i casi accertati sinora dai militari dell’Arma.
In manette, su ordinanza del Gip del Tribunale di Messina:
- Vincenzo Vanaria, 58enne di Giardini Naxos (ME), ex-avvocato radiato da quasi 14 anni, promotore ed organizzatore dell’associazione a delinquere;
- Carmelo Paterini, 56enne di Savoca (ME), procacciatore d’affari;
- Cinzia Tavano, 48enne di Giardini Naxos, avvocato presso il foro di Catania, partecipe dell’associazione;
- Domenico Rosiglione, 60enne di Motta Sant’Anastasia (CT), avvocato presso il foro di Catania, partecipe dell’associazione.
Gli arresti domiciliari, nei confronti dei 4 soggetti, scaturiscono da un lungo periodo di indagine, eseguito dalla Compagnia dei Carabinieri di Taormina a partire dal 2013, che ha fatto luce sul modus operandi del gruppo criminale: Vincenzo Vanaria, spacciandosi per avvocato – pur essendo stato radiato dall’albo degli avvocati di Messina già dal 2004 – attraverso un’associazione di tutela dei consumatori, con sede a Giardini Naxos, prospettava alle vittime rapidi e pressoché sicuri successi nelle cause legali da intentare contro Istituti Bancari o il Concessionario della Riscossione.
A finire nel mirino dei truffatori persone in gravi difficoltà debitorie, con l’Erario o con vari istituti di credito, che necessitavano di immediata tutela legale.
Un “bottino”, raccolto con questa subdola pratica, di oltre oltre 100mila euro.
Le indagini dei militari di Taormina hanno potuto ricostruire, sinora, alcune decine di episodi, documentando come Vanaria – con la complicità dei due legali, Tavano e Rosiglione, e di una terza persona, Paterini, che si occupava di procacciare le potenziali vittime – provvedesse a riscuotere ingenti somme per prendere in carico una presunta tutela legale senza, tuttavia, eseguire alcuna azione giudiziaria reale.
A capo del gruppo di truffatori c’era Vincenzo Vanaria, il quale, nella sua qualità di promotore ed organizzatore della compagine, dettava agli altri membri dell’iniziativa le direttive da seguire nello svolgimento delle attività criminale.
Paterini svolgeva, invece, il compito di ricerca di nuova clientela della “F.E.O. – Progetto Benessere”, associazione paravento dietro la quale operava il sodalizio criminoso.
Tavano e Risiglione ricevevano da Vanaria i mandati ad litem e, con ogni evidenza, le istruzioni da seguire in ordine alla gestione delle presunte azioni legali.
Gli associati mettevano in atto una serie di truffe pressoché seriali, caratterizzate da uno schema efficace e, oramai, collaudato per incamerare denaro o assegni bancari corrisposti da privati, in cambio di una millantata attività legale. L’attività, però, non veniva in realtà posta in essere o veniva svolta solo formalmente e senza coltivare, coscientemente, utilmente e professionalmente, le cause loro affidate.
Carmelo Paterini, in una prima fase, provvedeva al “procacciamento” della clientela convogliando presso l’associazione “F.E.O. – Progetto Benessere”, con sede a Giardini Naxos, le potenziali vittime, persone che si sapeva essere in grosse difficoltà debitorie con l’Erario o con Istituti di credito e che, quindi, necessitavano di tutela legale. A questi si aggiungevano soggetti che, pur non avendo dirette e consolidate problematiche giuridiche, erano indebitati per pagamenti di mutui od altre incombenze rateali.
Le vittime della truffa venivano persuase, dai membri dell’associazione, della possibilità concreta di ridurre l’impegno debitorio periodico o, in alcuni casi, di veder restituita gran parte dei soldi – fino allora regolarmente corrisposti per risarcire il debito – col “miraggio” di una condanna per anatocismo e per applicazione di tassi usurari da parte del creditore.
A questo punto entrava in scena l’ex avvocato Vincenzo Vanaria, talvolta contattato dagli stessi ignari clienti per una sua millantata, e del tutto artefatta, esperienza in materia di anatocismo e usura bancaria. Il soggetto prospettava agli interlocutori rapidi e pressoché sicuri successi nelle cause da intraprendersi, a seconda dei casi: contro il Concessionario della Riscossione, per cartelle esattoriali notificate; contro Istituti Bancari, per anatocismo ed usura sui mutui o ancora in fase di opposizione ad azione esecutive, intentate da tali Enti contro gli stessi interlocutori recatisi presso di lui.
In alcuni casi Vanaria si spacciava per avvocato ancora in attività, in altri come coordinatore di un pool di legali e, dopo aver illustrato le azioni da intraprendere, adoperando tecnicismi e sofismi giuridici – spesso incomprensibili – provvedeva a chiedere alle ignare vittime l’immediata corresponsione di somme in contanti per il presunto pagamento dei contributi unificati e delle sole “spese vive” legate alle pratiche rassicurando, al contempo, le vittime sulla assoluta gratuità del patrocinio per i mandati conferiti, sostenendo che i compensi delle difese sarebbero poi stati ricavati dalle sicure condanne delle controparti.
A questo punto veniva posta in essere l’ultima fase della montatura in cui Cinzia Tavano e Domenico Rosiglione, entrambi iscritti al foro di Catania, firmavano dei mandati in bianco per assumere il ruolo di difensore senza poi, effettivamente, onorare l’impegno preso. Quando, a distanza di molti mesi, le vittime raggirate chiedevano aggiornamenti a Vanaria sullo stato dell’azione legale i due avvocati provvedevano a rinunziare, formalmente, al mandato ricevuto con apposita missiva.
Anche in questo caso la messinscena dell’associazione a delinquere continuava: Vincenzo Vanaria prometteva alle vittime la restituzione delle somme corrisposte, talvolta anche chiedendo loro coordinate bancarie e dimostrando disponibilità a rendere gli importi ricevuti, senza mai eseguire realmente alcun tipo di rimborso.
A fronte della millantata attività legale, l’associazione incamerava le somme richieste ai truffati, peraltro maggiorate rispetto agli importi degli eventuali contributi unificati e delle spese da versarsi in relazione alle azioni giudiziarie affidate. Il denaro veniva trattenuto ed utilizzato per scopi e fini privati degli associati. Solo in piccola parte le somme anticipate venivano impiegate per versare i contributi unificati afferenti le azioni legali da intraprendersi.
I danni causati alle vittime
I casi accertati sono 15 ed avevano permesso al gruppo di truffatori di ottenere un vantaggio economico complessivo di circa 100 mila euro ma il danno cagionato ai truffati è stato di molto superiore. Le poche attività effettivamente messe in atto dagli indagati sono consistite nello stilare degli atti di citazione senza poi iscrivere le cause a ruolo e, se pure ciò veniva fatto, le azioni legali non venivano poi coltivate e praticamente restavano abbandonate, generando ulteriore danno agli assistiti.
Oltre la beffa del denaro loro truffato, le vittime hanno subito ulteriori danni economici originati dalla mancanza di tutela nelle questioni legali che li vedevano interessati, soccombendo nelle cause presso il tribunale civile o le commissioni tributarie per mancata costituzione. Da questi procedimenti sono, infatti, spesso scaturiti provvedimenti esecutivi in loro danno proprio a causa della negligente o addirittura assente difesa che li ha esposti in taluni casi a pignoramenti od a provvedimenti esecutivi sui loro beni immobili ed ulteriori spese per interessi.
Appello a denunciare
Le indagini sono ancora in corso per individuare eventuali ulteriori persone truffate e, pertanto, le forze dell’ordine invitano le ulteriori vittime a denunciare i fatti rivolgendosi ad una delle 93 Stazioni Carabinieri capillarmente dislocate sul territorio della Provincia di Messina.
(981)
Carugnuni !!! E basta nient’ altro da aggiungere !!!
U cuntu arriva pi tutti, comu u ristoranti manci bivi e poi paghi