Quattro messinesi fermati per l’omicido di ‘Mazinga’, avvenuto a Ragusa

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A uccidere Salvatore Nicosia, commerciante, 39 anni, ragusano, lo scorso 12 settembre a Ragusa, sarebbero stati 4 messinesi.

Contrasti burrascosi, forse per debiti legati a un affare fallito, sarebbero all’origine dell’omicidio. Quattro i fermi di indiziato di delitto emessi dalla Procura di Ragusa. Secondo quanto scaturito dalle indagini della Squadra Mobile del posto e dal commissariato di Vittoria, Giacomo Iannello, di 50 anni, residente a Vittoria, il padre, Carmelo, 74enne, Yvan Cacciola, 19enne, e Giuseppe Scionti, 18 anni, tutti messinesi, in concorso fra loro, dopo essersi appostati all’interno del cortile del magazzino autoricambi di Nicosia, lo avrebbero ucciso esplodendogli contro due colpi di fucile da caccia a pallini calibro 12.

Quella mattina del 12 settembre la polizia aveva trovato riverso a terra, in una pozza di sangue, Nicosia, detto “Turi Mazinga”, così chiamato per la sua corporatura muscolosa. Esperto di arti marziali, era da tutti considerato un “picchiatore” incline alla lite. All’interno dell’officina, gli agenti videro anche i segni dei colpi di fucile andati a vuoto.

La vittima, oltre che le ferite d’arma da fuoco, presentava anche segni evidenti di lacerazioni alla testa, procurate probabilmente con il calcio del fucile negli ultimi istanti di vita. Subito esclusa la pista mafiosa, le indagini sono apparse complesse, perchè la vittima, per la sua caratterialità, aveva diversi nemici: numerose le minacce e lesioni personali attribuite a ‘Mazinga’.

Alcuni piccoli imprenditori che avevano avuto con lui rapporti lavorativi hanno raccontato agli investigatori che Nicosia piu’ volte aveva tentato di imporre rapporti commerciali, ma con scarsi risultati. Le indagini, dunque, sono proseguite con la convocazione in questura di numerose persone che potevano avere covato vendetta al punto di arrivare ad uccidere. A supporto dell’attività investigativa, anche i dati acquisiti dalle telecamere pubbliche e private. Gia’ dopo 12 ore era stato stabilito che il numero degli esecutori del delitto fosse di almeno due persone, viste entrare nel magazzino e fuggire a bordo del furgone della vittima.

Dai primi riscontri è emerso che Giacomo Iannello e il padre Carmelo frequentassero Vittoria assiduamente, e che proprio la notte prima dell’omicidio erano giunti con due macchine a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro in citta’, così come nei giorni immediatamente prima il fatto. Le analisi dei tabulati telefonici hanno certificato che i loro telefoni avevano agganciato le celle prima di Messina e poi di Vittoria, dato che contrastava con quanto dichiarato dai familiari.

Giacomo Iannello, dalle notizie apprese dagli investigatori, aveva lasciato Vittoria un anno fa, per motivi ancora da chiarire, probabilmente per debiti maturati con la vittima. Era andato a vivere a casa del padre, originario di Altolia, dove coltivava dei terreni.

Le intercettazioni peraltro hanno documentato i contatti con il 19enne Cacciola, che interrogato, inzialmente aveva solo ammesso di essere arrivato con i due Iannello la notte prima dell’omicidio a Vittoria e di essere andato via subito dopo il delitto, di cui avrebbe saputo, a suo dire, solo dalle notizie web. Nella sua abitazione sono stati sequestrati i fucili da caccia del padre.

Poi,incalzato dagli investigatori, ha fornito elementi a carico dei due Iannello e confermato di averli visti armeggiare un sacco nero contenente i fucili. Ed ancora, messo alle corde, Cacciola ha successivamente coinvolto anche Scionti.

Secondo una ricostruzione dei fatti, Giacomo Iannello aveva cercato per mesi qualcuno che lo aiutasse a risolvere la lite con Nicosia, diventato suo rivale, probabilmente per motivi economici connessi ad affari andati a rotoli in cui erano soci. Aveva così chiesto aiuto al padre, e insieme hanno deciso di coinvolgere Scionti e Cacciola, abitanti di Altolia, entrambi con precedenti per droga. Esecutori materiali del delitto – secondo l’accusa – sarebbero stati Giacomo e Carmelo Iannello.

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