La “transizione” della provincia regionale di Messina a città metropolitana porta con sé una serie di riflessioni e prese di posizioni. In questo si inserisce la nota di Giuseppe Grioli, dell’area riformista del Pd, che riportiamo integralmente di seguito.
“La nascita delle Città Metropolitane in Sicilia può essere una grande opportunità per la nostra provincia e per il nostro sviluppo, ma l’entusiasmo non si può fermare solo al cambio del nome. Occorre dare agli organismi capacità decisionale e non imbrigliare il processo in un meccanismo farraginoso.
La riforma che ha abolito le province, ha di fatto cambiato il sistema di elezione degli organismi provinciali cambiando nome ad essi. La vera novita’ sta nell’attrizuzione del rango di Citta’ Metropolitana al nuovo Ente in quanto l’Unione Europea e la legislazione nazionale tendono a concentrare risorse e opportunita’ notevoli verso queste Istituzioni. Quella che si chiamava provincia dunque si chiama oggi Città Metropolitana, il consiglio provinciale si chiama conferenza metropolitana ed è composta dai Sindaci dei comuni del territorio provinciale ed il presidente e la giunta provinciale vengono sostituiti dal Sindaco Metropolitano e dalla giunta metropolitana. La novita’ e’ il sistema di elezione. Il Sindaco Metropolitano e la Giunta sarebbero eletti dall’Adunanza elettorale metropolitana composta da tutti i sindaci, da tutti i consiglieri comunali e dai presidenti delle circoscrizioni. Di fatto però le competenze della provincia alias Città Metropolitana restano tali e quali anzi tendono ad aumentare ed assumere un ruolo strategico per lo sviluppo dell’area vasta.
E’ notizia di questi giorni l’impugnazione da parte del governo della legge regionale che istituisce i liberi consorzi e le Citta’ Metropolitane.
Il tema del buon funzionamento del percorso decisionale assume una valenza preminente dinnanzi ad un ente che deve svolgere un ruolo determinante nelle politiche di pianificazione dei servizi su scala sovracomunale e sulle strategie di sviluppo di medio e lungo periodo.
Il problema non è di poco conto.
La Citta’ Metropolitana cosi’ come e’ stata organizzata sara’ una grande occasione mancata se non si ridurra’ il numero dei componenti l’organo collegiale e se non si rendera’ il percorso decisionale piu’ dinamico.
Il motivo di questa considerazione sta nella previsione di un organismo pletorico e poco dinamico come la conferenza metropolitana composta da 108 sindaci. Infatti la conferenza Metropolitana ha le competenze di un organo di indirizzo che assume valenza fondamentale per il funzionamento del nuovo Ente (approvazione statuto, regolamenti per il funzionamento dell’ente, bilanci, piani plueriennal etc). L’elezione indiretta, il sistema elettorale che è stato scelto con questa riforma di per se non è contestabile. Questo sistema in assenza di ponderazione sul “peso rappresentativo” dei sindaci che compongono la Conferenza Metropolitana, rischia di essere la premessa di un Ente paralizzato dal principio “una testa un voto”. Il Sindaco di Messina, Milazzo, Barcellona, Capo d’Orlando, S.Agata di Militello voteranno con lo stesso peso rappresentativo del Sindaco del più piccolo comune della provincia.
Abbiamo già avuto esperienza di un sistema decisionale di questo tipo nel funzionamento dell’Ato idrico.
La paralisi è stata oggettiva.
Se vogliamo prendere spunto dalla riforma Del Rio (l. 56/2014), che ha ispirato gran parte della riforma in discussione, anche se per molti aspetti e’ stata stravolta, oltre alla coincidenza del sindaco del comune capoluogo con il sindaco metropolitano, anche il sistema di elezione tiene conto, a differenza della riforma siciliana, della rappresentatività dei territori . Il cosiddetto voto ponderato. Nella Riforma Del Rio il consiglio metropolitano (corrispondente alla conferenza metropolitana nella riforma siciliana) è composto da un numero ristretto di componenti. Precisamente 23 per le città metropolitane con più di 3 milioni di abitanti, 18 con le città che hanno un numero compreso tra 800 mila e 3 milioni di abitanti e infine 14 per quelle che hanno un numero di abitanti inferiore a 800 mila abitanti. I consiglieri metropolitani (massimo 23) vengono eletti dai sindaci e dai consiglieri di tutti i comuni che compongono la città metropolitana ma il voto di ciascun sindaco e consigliere comunale viene pesato in base al numero di abitanti del comune di appartenenza del singolo ‘grande elettore’.
Nella riforma siciliana la conferenza metropolitana (corrispondente al consiglio metropolitano previsto nella riforma Del Rio)è invece composta da 108 sindaci dei 108 comuni compresi nel territorio provinciale e ciascuno conta per un voto. Questo organismo collegiale che avrà da decidere cose molto importanti rischia di essere paralizzato da numeri legali mancanti, campanilismi territoriali e impossibilità di definire celermente scelte strategiche per l’area vasta.
La città metropolitana di Messina che si proietta da un lato verso l’altra sponda dello stretto nella visione dell’ “Area dello stretto” di cui la stessa legge regionale fa espresso riferimento, e dall’altro lato verso una contiguità di interessi economici con il distretto di Catania Etna, ha la necessità di pianificare servizi pubblici in un’ottica di scala sovracomunale. Il riferimento è alla gestione idrica, dei rifiuti, dei trasporti pubblici. L’incognita delle SRR che avrebbero dovuto superare gli Ato rifiuti, la presenza di società pubbliche soprattutto nel comune capoluogo che avrebbero potenzialità di espansione in una visione di allargamento del servizio oltre i confini comunali, il trasporto intermodale e la conurbazione con Villa San Giovanni e Reggio Calabria, sono tutte questioni che richiedono lavoro intenso e scelte rapide.
Reggio Calabria è oggi Città Metropolitana con norma Costituzionale. La suggestione dell’area metropolitana dello Stretto deve essere superata per diventare una realtà giuridicamente configurata, economicamente e socialmente sostenibile.
Se come è vero la legge tornerà all’ARS per l’impugnazione da parte del Governo nazionale della legge siciliana, si potrebbe cogliere l’occasione per rivedere la governance degli organi della Città Metropolitana per non consegnare all’immobilismo il nuovo Ente.
Va ristretto il numero dei componenti dell’organo collegiale e la elezione dell’organo deve avvenire tenendo conto della rappresentatività territoriale. Diversamente sara’ tutto paralizzato.
Passaggio ulteriore, ma questo non necessariamente nel breve periodo, dovrebbe essere quello di concentrare nell’ente sovracomunale le competenze e le funzioni che nel tempo sono state affidate dalla Regione a Enti e Società pubbliche che hanno frammentato la gestione dei servizi pubblici essenziali e reso impraticabile una pianificazione strategica dei servizi alla cittadinanza al fine di raggiungere efficienza economicità e qualità del servizio al cittadino. SRR; ATO idrico, ESA; Aree artigianali, energia etc.
In attesa che il nuovo commissario del Pd di Messina convochi un incontro per confrontarsi su questi ed altri temi importanti, mi premeva lanciare questa riflessione al fine di poter sollecitare un confronto sul tema ed evitare che questa riforma ci consegni un ente dalle grandi potenzialita’ ma imbrigliato in un sistema decisionale paralizzante.
Giuseppe Grioli
Area Riformista Pd”
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