Nelle scorse ore la Squadra Mobile, congiuntamente ai militari della Guardia Costiera della nave “U. Diciotti”, ha proceduto al fermo nei confronti di 6 extracomunitari, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I migranti giunti ieri, tutti di origini subsahariane, sono stati soccorsi in mare dal pattugliatore della Guardia Costiera in quattro eventi differenti. Due diversi gommoni, con a bordo rispettivamente 82 e 96 tra uomini e donne, sono stati soccorsi poco dopo le 9 di domenica mattina. Un terzo scafo, sul quale viaggiavano 97 persone è stato soccorso poco dopo mezzogiorno, mentre i restanti sono stati trasbordati sulla nave della Guardia Costiera dopo essere stati tratti in salvo dai soccorritori della nave Sirio della Marina Militare Italiana, anch’essa impiegata nella missione umanitaria.
Una volta rifocillati e sottoposti alle consuete visite mediche i profughi sono stati trasferiti nelle strutture di accoglienza cittadine.
Le indagini avviate nell’immediatezza dagli uomini della Squadra Mobile, congiuntamente ai militari della Guardia Costiera, e che si sono protratte per tutta la nottata, hanno consentito di dare un nome agli scafisti dei tre gommoni soccorsi dalla nave Diciotti.
In merito al primo natante tratto in salvo sono stati fermati BOIRO Boubcar, senegalese di 29 anni e LUCKY Seituwa, 30 anni, nigeriano. Sul secondo gommone recuperato gli scafisti identificati dagli investigatori sono GIATTA Arouna, nato in Gambia 19 anni fa, e ASSISI Ola, nigeriano di 48 anni. Mentre sul terzo natante sono i nigeriani PETER Tony, 26 anni e SAGIE Kayode Palmer, 30 anni, ad essere stati arrestati.
Anche stavolta sono state le testimonianze dei migranti che hanno consentito di dare un nome ed un volto agli scafisti. Tutti hanno raccontato di come, dopo mille sacrifici, hanno raggiunto la Libia nel tentativo di proseguire il loro viaggio verso le coste Italiane e verso una vita migliore.
Alcuni di loro hanno raccontato di essere stati “trattenuti” dai libici per diverso tempo, e di essere stati costretti a lavorare per mesi senza percepire alcun compenso, con la sola promessa che il loro lavoro sarebbe servito a pagare il viaggio.
“Mi sono recato in Libia per trovare lavoro con lo scopo di mantenere la mia famiglia. La prima città in cui mi sono recato in detto paese è SABA in cui, invece di trovare lavoro, sono stato confinato da alcune persone libiche in una stanza con molti altri soggetti che versavano nelle mie stesse condizioni. ……………spesso ci picchiavano, ci nutrivano soltanto una volta al dì e ci intimavano di rimanere in silenzio per tutto il tempo, oltre ciò non ci era permesso neanche di uscire. Nella stanza di cui sopra sono rimasto confinato per circa un mese ed una settimana. I libici che ci tenevano chiusi in questa stanza ci obbligavano a chiamare a casa per far effettuare ai nostri familiari dei pagamenti su un conto corrente affinché potessimo andare in Italia……..”
Tutti, dopo aver preso contatti con i libici che organizzano i viaggi, e dopo aver sborsato ingenti somme di denaro, sono stati accompagnati sull’ormai nota spiaggia della cittadina di Zwara dove, ad attenderli diversi uomini travisati ed armati di tutto punto, che li hanno obbligati a salire sui gommoni.
“………mi ha accompagnato presso la spiaggia di Zuwara dove ad attenderci vi erano alcuni libici con il viso travisato. Qui ho subito violenze da parte di queste persone, in particolare sono stato legato e malmenato. Mi hanno legato i piedi e appeso ad un albero e venivo malmenato. Tale rituale veniva utilizzato con quasi tutti gli uomini che si trovavano nella mia stessa condizione. Questi libici erano armati di tutto punto, con pistole, mitragliatori e coltelli.”
Gli arrestati si trovano ora nel carcere di Messina-Gazzi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
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