Bisignano scrive ad Alfano sulle primarie del centrodestra

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bisignanoMichele Bisignano ha inviato, nei giorni scorsi, una lettera aperta al segretario nazionale del Pdl, Angelino Alfano, sulla necessità di indire le primarie nel centrodestra. La decisione di mettere Alfano a conoscenza del documento nasce dalla decisione di queste ultime ore, da parte di Silvio Berlusconi, di ricandidarsi a premier alle prossime politiche che, secondo Bisignano «può fare esultare i vari pretoriani e amazzoni e vanifica il progetto politico di ampio respiro della costituzione nel nostro Paese di un rassemblement ispirato al Popolarismo europeo». «Quello delle primarie – afferma Bisignano – è uno strumento indispensabile di democrazia partecipata anche per la scelta dei candidati al Parlamento nazionale e ai Consigli regionali, dato che si sta facendo di tutto per impedire la modifica della legge elettorale». Ecco la lettera inviata ad Alfano:

«Le ultime competizioni elettorali hanno fatto registrare un’altissima astensione dal voto, segno di una disaffezione sempre più crescente nei confronti dell’attuale proposta politica nel suo complesso, conseguenza della discrasia tra i partiti e la società costituente la vera polis.

Per cui appare ormai ineludibile procedere a una innovazione della proposta politica irrigidita per quasi un ventennio in una contrapposizione bipolare più manichea che ideologica, nel contesto di una presunta Seconda Repubblica mai concretizzatasi con riforme istituzionali incisive, e all’insegna dell’enfatizzazione nei vari soggetti politici di quel culto della personalità che mal si coniuga con una reale democrazia partecipativa.

Innovazione che deve partire dalla modifica di una vergognosa legge elettorale che impedisce di fatto le scelte democratiche dei cittadini elettori, subordinati alla logica delle cooptazioni decise dai vertici dei partiti, e da una profonda rigenerazione etica e morale che non può essere mascherata da operazioni di facciata.

 In tale contesto, i meccanismi di partecipazione popolare quali le cosiddette primarie, seppur mutuate da realtà diverse da quella del nostro Paese, possono costituire, così come avvenuto per quelle del Pd, un fattore di riavvicinamento alla politica e rappresentare uno stimolo per il rinnovamento reale dei vari soggetti politici.

Un meccanismo che va adottato anche nell’area di centrodestra per significare il superamento di un movimento politico che, dopo le speranze suscitate dal progetto iniziale di una “rivolta liberale”, ha visto,con il passare degli anni affievolirsi la spinta propulsiva degli inizi, a causa anche dell’appannamento del carisma del suo promotore, trasformatosi negli ultimi tempi in un patriarca incoerente che non vuole prendere coscienza dell’ineluttabile “autunno”.

Anche perché un vero leader, o meglio un vero statista, così come avvenuto con Kohl in Germania, Aznar in Spagna, Blair in Inghilterra e Chirac in Francia, sa quando è il momento di farsi da parte e, se convinto di avere agito per il bene e l’interesse pubblico, favorisce le condizioni per la prosecuzione del suo operato, senza identificare o fare identificare dai vari adulatori o adulatrici se stesso con la forza politica che lo ha sostenuto o peggio ancora con le istituzioni.

Alla luce di tali considerazioni, ritengo un grave errore politico non far svolgere le primarie, peraltro già annunciate, facendo prevalere la linea di coloro che hanno paura di un confronto dialettico e democratico e preferiscono perseguire ai vari livelli le logiche ormai anacronistiche e logore della nomenclatura.

Primarie, quindi, come metodo di coinvolgimento e di partecipazione e come atto di discontinuità e di autonomia per un soggetto politico che possa essere riferimento per tutti coloro che non aspirano a seguire un capo carismatico ma a richiamarsi a determinati valori e idealità.

Realtà valoriali e idealità incarnate dall’agire dei più moderni movimenti politici di centrodestra europei e insite in tutti coloro che, in Italia, non vogliono rassegnarsi a essere governati da una sinistra di potere o da una oligarchia tecnocratica».

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