“Umanamente incomprensibile”. Questo il commento della capo della Squadra Mobile di Messina, Giuseppe Anzalone, stamani nel corso di una conferenza stampa che ha parzialmente svelato i terribili retroscena del viaggio della speranza degli ultimi migranti arrivati nella nostra città la scorsa domenica.
Sono partiti da un punto della costa libica, a pochi chilometri da Tripoli, il 17 luglio. Erano 700 alla partenza, hanno toccato terra, vivi, 561. Circa 150 sono morti durante il viaggio. Ammazzati o per le disumane condizioni di viaggio.
I racconti agghiaccianti dei superstiti hanno consentito alla Squadra Mobile di sottoporre a fermo di P.G. 5 cittadini extracomunitari, per il reato di concorso in omicidio plurimo aggravato.
Un palestinese, un arabo saudita, un siriano e due marocchini, avrebbero – secondo l’accusa – commesso atrocità inenarrabili.
Su quel cargo maledetto partito dalla Libia 6 giorni fa, hanno trovato posto sul ponte superiore soltanto i più danarosi. Arabi, prevalentemente, avvocati, ingegneri, professionisti in genere capaci di sborsare dai 1000 ai 2000 dollari per una collocazione migliore. Gli altri, africani, che al massimo pagavano cifre variabili tra i 200 e i 500 dollari, sono stati rinchiusi nella stiva, dove il rumore dei motori, le esalazioni da monossido di carbonio, il caldo opprimente, se non li uccideva li stremava. E loro hanno tentato la risalita, ma sopra la botola che li separava dai “fortunati” che viaggiavano all’aria aperta, in molti non hanno voluto questa “invasione di campo”. Gli scafisti, con il sostegno dei migranti che occupavano il ponte superiore di diritto, li hanno ricacciati indietro, e i più ribelli – secondo il racconto dei superstiti – sono stati accoltellati e buttati in mare.
Così, chi non è morto di stenti è morto assassinato. Raggiunte le acque maltesi, le Autorità del posto hanno chiesto soccorso ad una nave petroliera, che di fronte a quello scenario, con tumulti in atto sul cargo, ha, a sua volta, chiesto il supporto alla Marina italiana. Durante le operazioni di trasbordo di molti da una nave all’altra – sempre secondo il racconto dei sopravvissuti- alcuni migranti sarebbero stati lanciati in mare. Tra questi il bimbo di quattro anni giunto morto a Messina. “Terribile il racconto della madre, nelle cui braccia è spirato il piccolo” – ha detto il capo della Mobile. “I genitori si sono lanciati in mare per salvarlo, ma il bimbo è morto poco dopo.”
Le dichiarazioni raccolte tempestivamente, all’arrivo al porto di Messina, dalla polizia ( Giuseppe Anzalone e i suoi uomini, contravvenendo alla regole , sono saliti a bordo della nave appena questa ha toccato il molo) hanno consentito la cattura dei primi 3 scafisti alla stazione di Messina, dove stavano per salire su un pullman che li avrebbe condotti a Milano.
Le testimonianze tra chi su quel barcone c’era e ce l’ha fatta concordano sulle modalità con cui decine di profughi sono state ammassate all’interno della stiva del barcone e chiuse dentro.
E’ stata tolta la scala interna e chiusa la porta dall’esterno, eliminando così l’unica presa d’aria alla stiva. In pochi minuti il calore è diventato insopportabile e l’aria irrespirabile a causa dei gas di scarico del motore. La disperazione ha spinto quindi i prigionieri a forzare la porta e salire in coperta dove si è consumata la tragedia.
In tanti raccontano dei cinque arrestati che, scegliendo a caso le vittime già in coperta o emerse dalla stiva, uomini o donne che fossero, hanno ucciso un numero che si aggira intorno alle 60 persone, poi buttate in mare.
I sopravissuti hanno visto i corpi di connazionali, amici e parenti, accoltellati o storditi a mani nude, scomparire in mare. Impotenti perchè minacciati a non muoversi, pena la stessa sorte.
I presunti scafisti sottoposti a fermo sono:
Mhamed Morad Al Fallah, nato a Damasco (Siria) il 5.02.1993, operaio.
Youssef Dahman, nato a Fes (Marocco) il 18.11.1993.
Abdrzakc Asbaoui, nato a Bnimlal (Marocco) il 26.02.1989.
Saddam Abuhddayed, nato a Khanyounis (Palestina), il 29.07.1989, commerciante.
Jamal Rajeb, nato in Arabia Saudita il 16.03.1982, imbianchino.
Ancora da stabilire se i reati dei quali sono accusati sono stati commessi in acque territoriali italiane o maltesi.
Patrizia Vita
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