Truffa e interruzione di pubblico servizio: sono questi i reati contestati ai quattro dipendenti di Poste Italiane di Messina sospesi nella giornata di ieri perché ritenuti responsabili di aver volontariamente omesso di consegnare la posta che veniva di conseguenza destinata al macero.
Nella giornata di ieri 28 maggio, si è data esecuzione alla misura interdittiva della sospensione dall’ufficio o servizio pubblico con riguardo a qualsivoglia attività e funzione nell’ambito dell’ente Poste Italiane spa per la durata di 4 mesi decorrenti dall’inizio dell’esecuzione, disposta dal locale GIP nei confronti di quattro dipendenti dell’ente poste, perché, in concorso tra loro e nei rispettivi ambiti professionali, che esercitavano presso il Centro Postale Primario di Distribuzione di via Olimpia, sono stati ritenuti responsabili dei reati di interruzione di pubblico servizio (artt.110 e 340 c.p.) e truffa aggravata ( art. 110 e 640 c2 c.p).
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, hanno evidenziato che il mancato recapito della corrispondenza in città non era fenomeno riconducibile ad un mero disservizio, ma ad una precisa scelta dei responsabili del centro.
Nel corso dell’attività, iniziata nel 2016 e protrattasi per circa un anno, esperita anche con attività tecniche, sono stati effettuati dei sequestri di corrispondenza in parte destinata al macero ed in parte da restituire al mittente, nonostante i rispettivi destinatari risultassero ordinariamente ed agevolmente rintracciabili all’indirizzo indicato sulle missive.
È risultato che gli indagati turbavano la regolarità del servizio pubblico cui erano preposti e segnatamente omettevano volontariamente il recapito di plichi postali ai destinatari formalmente giustificando tale omissione – mediante la compilazione del cd. modello 24B – in ragione della asserita non rintracciabilità o irreperibilità dei destinatari, pur a fronte dei dati desumibili dalla compilazione della corrispondenza che in realtà avrebbero consentito l’esatta individuazione dei destinatari e la regolare consegna della posta, e ciò al fine di procurare a sé stessi un ingiusto profitto – consistente nell’indebito conseguimento di premi economici di produzione e di incentivazione operativa – in virtù del solo apparente “smaltimento” della corrispondenza che di fatto, invece, non veniva recapitata ma destinata al macero.
Fonte: Questura di Messina
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Io penso che questa gente non si meriti un posto di lavoro che non fanno con coscienza per quanto ne so da licenziarli e dare il lavoro a chi ha voglia di lavorare e c è ne sono tanti di ragazzi bisognosi al sud.