Estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso: arrestati due pregiudicati

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poliziaEstorsione, pluriaggravato dal metodo mafioso e dall’appartenenza degli autori ad associazione di cui all’art. 416 bis C.P. Di questo sono ritenuti responsabili due pluripregiudicati messinesei nei cui confronti i poliziotti della Squadra Mobile hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari in carcere, emessa il 13.9.2018 dal GIP presso il Tribunale di Messina su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, diretta dal Procuratore della Repubblica Dott. Maurizio de Lucia.

I due arrestati (che si trovavano già ristretti in carcere, per altra causa) sono:

SPARTA’ Antonino, nato a Messina il 20.02.1962, pluripregiudicato; dal 24.4.2018 detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, in esecuzione di ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale di Messina n° SIEP 129/2018; è il fratello del boss SPARTA’ Giacomo, capo indiscusso e promotore storico del clan di Santa Lucia sopra Contesse, in atto detenuto al regime ex art. 41 bis O.P.

NOSTRO Gaetano (inteso “Dente i zappa”), nato a Messina il 24.2.1969, pluripregiudicato anche per reati di criminalità organizzata, in atto detenuto nella Casa Circondariale de L’Aquila, in regime di 41bis Ord. Pen., siccome colpito dall’O.C.C. in carcere n. 7220/2011 R.G.N.R. DDA Messina (operazione “Matassa”); è considerato “luogotenente” del gruppo criminale messinese di Santa Lucia sopra Contesse, unitamente a MESSINA Raimondo (inteso “Saro”).

L’ordinanza è scaturita a conclusione di attività investigativa, delegata alla Squadra Mobile di Messina dalla DDA peloritana, che ha fatto luce sui delicati rapporti intercorrenti tra alcuni esponenti della criminalità organizzata di questo centro, appartenenti al clan di Santa Lucia sopra Contesse, all’indomani della succitata operazione “Matassa”, eseguita da questo Ufficio in data 11.5.2016, ed un imprenditore di servizi distinto da una sintomatica “disponibilità” in ordine al soddisfacimento di richieste di lavoro provenienti dagli esponenti della criminalità organizzata.

I successivi approfondimenti investigativi hanno permesso di chiarire che l’imprenditore era effettivamente vittima dei suddetti esponenti mafiosi, risultando da essi costretto – con minaccia consistita nel far valere la propria caratura criminale e l’appartenenza a posizioni apicali dell’organigramma della consorteria mafiosa messinese – ad assumere come elettricista  Antonino Spartà, assicurandogli uno stipendio di circa 52 mila euro in tre anni, di gran lunga superiore al valore del lavoro effettivamente prestato (quantificato dallo stesso datore in circa 3 mila euro) e Gaetano Nostro, con mansioni di sorvegliante degli altri lavoratori, mansioni mai svolte effettivamente ancorché ritualmente retribuite. 

Siffatta conclusione investigativa, peraltro, trovava ulteriore riscontro nelle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, secondo cui, per un verso, Spartà ricopriva il ruolo di referente del clan fondato dal fratello detenuto Giacomo e, per altro verso, la ditta facente capo all’imprenditore risultava sotto la “protezione” del predetto gruppo criminale.

Fonte: Questura di Messina

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