A colloquio – almeno noi- con l’avvocato Bonny Candido, per capire i motivi del perdurare del “divieto di colloquio” con la sua assistita, Chiara Rizzo. Divieto che la donna ha avuto imposto, oltre che in Francia, anche dal gip di Reggio Calabria, Olga Tarzia. La vicenda è stranota, ripercorriamola brevemente.
Chiara Rizzo – moglie di Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia, ex armatore, condannato definitivamente a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, latitante a Dubai – viene arrestata all’aeroporto di Nizza dalla Polizia francese, proprio mentre, da Dubai, stava rientrando in Italia per costituirsi. Anche lei, come l’ex ministro Scajola, è finita nell’inchiesta della Procura reggina. A detta dei magistrati calabresi, stava organizzando con Scajola il trasferimento del marito in Libano.
Ma perchè il divieto di colloquio con il suo legale? Una procedura rara, che il codice prevede solo in casi eccezionali e per gravi motivi. Lo abbiamo chiesto all’avvocato Candido.
“L’ordinanza custodiale applicata alla signora Matacena sostanzialmente riguarda due accuse- ha spiegato il legale-. La prima: procurata inosservanza di pena; la seconda: intestazione fittizia di beni.
La procurata inosservanza di pena è astrattamente configurata anche in capo al coniuge, e sopravviene solo in caso di condanna definitiva dello stesso. Per meglio comprendere- prosegue il legale- nel caso specifico, se Matacena non fosse stato condannato in via definitiva, il reato oggi ascritto a Chiara Rizzo sarebbe stato favoreggiamento, ma lei, in quanto moglie, non poteva esserne accusata.
Il secondo reato, l’intestazione fittizia di beni, in pratica un tentativo di schermare il patrimonio riconducibile a Matacena che a detta dell’accusa la Rizzo avrebbe cercato di rendere meno attaccabile dallo Stato- dice Candido – viene meno poichè la legge prevede che possono essere sequestrati quei beni ritenuti di provenienza illecita. Appare superfluo ricordare che Amedeo Matacena, erede di un patrimonio stimato oltre 50 milioni di euro, ha come dimostrare la provenienza assolutamente legittima dei suoi beni”.
In conclusione, dunque, a giudizio dell’avvocato Candido, quelli a carico di Chiara Rizzo possono essere configurati come “reati impossibili”.
Eppure, per la signora Matacena, ben due magistrature, quella francese e quella italiana, hanno disposto il divieto di colloquio con i suoi legali. Perchè?
“I motivi non sono chiari- risponde l’avvocato Candido-. Peraltro, secondo codice, il divieto di colloquio tra indagato e difensore avviene su richiesta del Pm e può essere differito al massimo per 5 giorni, arco di tempo entro cui deve essere espletato l’interrogatorio di garanzia. Nel caso di specie, dunque, siamo già fuori tempo massimo. La Rizzo, infatti, già in Francia ha avuto disposto il divieto al momento dell’arresto a Nizza.
Il codice non prevede una proroga, nè la possibilità che la misura possa essere dilatata. Eppure, il gip lo ha fatto con un provvedimento che a mio giudizio può essere considerato tecnicamente abnorme- sottolinea Candido- riconfermando alla scadenza il divieto di colloquio sino all’arrivo della signora in Italia. Sommati a quelli adesso imposti dal gip Tarzia abbiamo raggiunto i 13 giorni. Sino ad ora non ho avuto ancora modo di parlare con la mia assistita. Le ho solo stretto la mano durante l’udienza per l’estradizione. Lei, commossa, mi ha detto: “Grazie avvocato, grazie. Vada avanti con il divorzio”.
Un eccesso, dunque, secondo codice, quel divieto di colloquio tra indagata e difensore. Un eccesso per il quale l’avvocato Candido ha già pronta un’eccezione preliminare da sollevare domattina, poco prima dell’interrogatorio di garanzia. In caso di rigetto, il legale è pronto a ricorrere in Cassazione. “E comunque- conclude Candido – l’interrogatorio sarebbe inficiato per violazione dei diritti di difesa”.
Difesa che è già pronta per l’udienza del 19 giugno davanti al Riesame, laddove dovrà essere discusso il ricorso presentato dal PM contro l’esclusione dell’aggravante dell’articolo 7, associazione a delinquere, decisa dal gip nei confronti di Chiara Rizzo.
Intanto c’è una donna, in carcere dallo scorso 11 maggio, che non ha ancora avuto il diritto di vedere il proprio difensore.
Altre, altri, per reati ben più gravi, non hanno avuto lo stesso divieto. Del resto, lo ha detto Candido: “In 22 anni di carriera era accaduto una sola volta che non potessi parlare con un mio assistito”.
Patrizia Vita
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