L’indagine sull’estorsione al cantiere delle case Arcobaleno e la scuola elementare di Santa Lucia sopra Contesse, che ieri ha portato all’arresto di Maurizio Lucà e Stefano Celona, vede coinvolti anche 6 agenti di polizia penitenziaria. E’ quanto emerge dalle pagine dell’ordinanza dell’operazione “Alexander”, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo . Il Pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Barbaro, ha infatti indagato sei agenti penitenziari che all’epoca erano in servizio al carcere di Gazzi. Per 5 tra loro, l’ipotesi di reato è falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Per un altro è ipotizzato il reato di corruzione: avrebbe intascato oltre 2000 euro da un affiliato al clan di Santa Lucia sopra Contesse, al tempo capeggiato da Giacomo Spartà. Per i sei agenti, Barbaro aveva chiesto l’arresto, misura rigettatata dal gip Maria Vermiglio, che invece, dopo averli interrogati, dovrà decidere se sospenderli dal servizio o meno.
A loro carico, le intercettazioni effettuate dai carabinieri, dalle quali viene fuori uno scambio di “pizzini” che avveniva durante i colloqui in carcere tra detenuti e familiari. Lì, secondo l’accusa, venivano diramati all’esterno gli ordini del boss detenuto.
In pratica, gli inquirenti sostengono che gli uomini della sicurezza interna avrebbero omesso di perquisire i detenuti a inizio e fine colloquio con i familiari.
Nel 2006, con l’operazione “Richiesta”, i carabinieri accertarono che proprio dal carcere di Gazzi, era stato dato mandato di un omicidio. Il boss dietro le sbarre aveva persino un cellulare.
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