Un imprenditore di Messina è stato sottoposto al divieto di esercitare per la durata di otto mesi: l’uomo è stato accusato di bancarotta fraudolenta, avrebbe sottratto alla società un valore stimato per 8 milioni di euro. L’ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale su richiesta della Procura di Messina.
La Guardia di Finanza ha indagato sulle operazioni di gestione fatte dalla società di costruzioni dichiarata fallita, il reato contestato è quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e dissipazione del patrimonio della società amministrata.
L’uomo avrebbe proceduto a una distrazione di somme cospicue dalle casse della società immobiliare, attraverso l’utilizzo sistematico delle disponibilità finanziarie societarie per motivi diversi da quelli sociali, arrecando danno alla società e ai creditori.
L’imprenditore avrebbe aumentato del quadruplo il proprio compenso annuale senza alcuna ragione considerando la crisi evidente dell’impresa. Avrebbe concluso, inoltre, due contratti preliminari utili per l’acquisto di altrettanti immobili, siti uno a Roma e l’altro a Messina, e perduto entrambe le caparre ammontanti a oltre 500mila euro, a causa del mancato versamento del saldo per assenza di liquidità, nonché versato le somme per la caparra di uno dei due immobili ad un familiare, senza ricevere per questo alcuna contropartita.
L’imprenditore sarebbe anche responsabile della conclusione con se stesso di un preliminare di vendita, nel quale la società si impegnava ad acquistare un ulteriore immobile a Milazzo, di proprietà del suo amministratore, versando una caparra da un milione e mezzo di euro per un prezzo finale di un milione e 800mila euro, nonostante il locale fosse gravato da formalità pregiudizievoli maggiori del suo prezzo finale.
Un’altra contestazione fatta all’uomo è quella di aver venduto a una terza società un prestigioso complesso edilizio a Taormina per un prezzo di 3 milioni di euro, a fronte di un valore di 8 milioni. L’indagato avrebbe, inoltre, acquisito e ristrutturato due immobili di Messina, arredati con mobili di pregio, anche questi acquistati dalla società amministrata per renderli abitazione della propria famiglia.
Il valore stimato dei beni sottratti fraudolentemente dal patrimonio della società è di circa 8 milioni di euro.
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