I giudici della Corte d’Assise, dopo 8 ore di Camera di Consiglio, hanno inflitto condanne per quasi 300 anni di carcere ai 28 imputati del processo scaturito dalla operazione Bani Bani. Due gli assolti.
Nel 2011 , con oltre 40 arresti, scattò l’operazione Bani Bani, della Squadra Mobile di Messina. Fu una grossa battuta di arresto al mondo della prostituzione. Le lucciole -sostenne l’accusa- venivano ridotte in schiavitù e Messina ne accoglieva parecchie in arrivo dall’est. Gli arresti furono eseguiti in collaborazione con la polizia romena, le accuse furono, a vario titolo, associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sequestro di persona e altri reati.
Oggi, con condanne variabili dai 3 ai 19 anni, è arrivata la sentenza di primo grado per 28 tra gli imputati che furono accusati di aver fatto parte di un’organizzazione, formata prevalentemente da romeni, ma che a Messina aveva trovato anche qualche “sostenitore” locale. La banda era attiva anche sul web, dove aveva lanciato un’asta per la vendita della verginità di una 16enne: per aggiudicarsela i partecipanti avevano raggiunto quota 6 mila euro.
Per molti degli imputati, oggi i giudici hanno accolto la tesi della difesa ed è venuta meno l’accusa di riduzione in schiavitù.
Gli avvocati impegnati sono stati: Nino Cacia, Alessandro Trovato, Fabrizio Alessi, Pietro Luccisano, Pietro Ruggeri, Pietro Fusca, Fabio Mirenzio, Giovanni Villari, Piero Broccio, Antonio Amata, Carlo Autru Ryolo.
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