Gli uomini del Commissariato di Barcellona, diretti da Mario Ceraolo, in collaborazione con la Squadra Mobile, coordinati dalla DDA di Messina, hanno arrestato Francesco Genovese, di Milazzo, 43 anni,residente a Barcellona, per il reato di favoreggiamento personale con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa barcellonese. Misura cautelare disposta dal gip Salvatore Mastroeni,richiesta dal sostituto procuratore della DDA, Camillo Falvo.
Le indagini che hanno portato all’odierno arresto risalgono al novembre 2012, quando il titolare di un’impresa denuncia di essere finito nel mirino del racket delle estorsioni. L’impresa è la Dusty, ditta che nell’ottobre 2011 si era aggiudicata la gara relativa alla raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti in 38 comuni della fascia tirrenica della nostra provincia. Un settore che negli anni precedenti era stato sempre gestito da imprese della zona che non avevano partecipato ad alcuna gara. Imprese sulle quali, secondo la magistratura, spesso si era allungata la mano della mafia di Barcellona. La Dusty, dunque, arriva sul territorio del Longano nel periodo giusto, quando in quell’area in cui il crimine organizzato, per detta degli inquirenti, è più a rischio,sono intervenute recenti operazioni di polizia che hanno minato i clan storici. E per un anno esatto la Dusty svolge in pace la propria attività. Sino al novembre 2012, quando un autocompattatore, del valore di 100mila euro, viene fatto esplodere all’interno della rimessa in cui sono custoditi i mezzi della società. Il segnale è chiaro: il racket si è svegliato. Ma, dove non bastasse il “botto”, arriva quello che per gli investigatori è un emissario del clan: Francesco Genovese, dipendente storico della Dusty, addetto alla sorveglianza e coordinatore. Un incensurato che nel settore rifiuti ci lavora dal lontano 99, impiegato in ogni società – tra cui la “Libertà e lavoro”, finita sotto inchiesta – abbia gestito la raccolta e lo smaltimento spazzatura nell’area tirrenica. E’ Genovese che- dicono gli inquirenti- si reca dal titolare della Dusty per comunicare che quell’autocompattatore andato in fumo potrebbe essere solo l’inizio di una scia di attentati, a meno che – e qui arriva ” l’offerta” – la ditta non sborsi, subito, 15mila euro, e poi, negli anni a venire, tre rate da 5mila euro l’anno. L’altro non ci sta e denuncia. Scattano le indagini, Genovese, interrogato, nega, anzi, minaccia querela per calunnia, ma le intercettazioni lo incastrano. Gli uomini di Mario Ceraolo scoprono che ha stretti rapporti con personaggi di spicco della mafia barcellonese. Scoprono anche che parla, come sapesse più del dovuto, dei recenti omicidi avvenuti a Barcellona: quelli di Giovanni Isgrò e Giovanni Perdichizzi.
Tanto basta perchè Francesco Genovese venga arrestato. Sia il questore di Messina, Carmelo Gugliotta, che il magistrato della DDA, Camillo Falvo, stamani hanno ribadito l’importanza della denuncia nella lotta alle estorsioni. Lo Stato tutela, in termini di sorveglianza ed economici, la vittima che riesce, con coraggio, a rivelare di essere costretta a pagare il pizzo. “La vicenda Dusty ne è la conferma- sottolinea il questore Gugliotta- . IL cordone di protezione ha retto contro altre eventuali ritorsioni del racket. E poi- ha concluso – la ditta godrà dei benefici previsti dalla legge per le vittime di estorsione: sospensione del pagamento di tasse e tributi e risarcimento del danno subìto. Denunciare conviene.”
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