«Io do a te e tu dai a me», potremmo riassumere così, in modo spicciolo, il nocciolo della questione dell’intera vicenda che ha sullo sfondo l’ennesimo scandalo che ha coinvolto l’Ateneo Messinese. Uno scambio di favori che avrebbe permesso ai “protetti”, nonché parenti di due docenti di spicco finiti ai domiciliari, di occupare una posizione all’interno dell’Università. A tessere le trame del concorso pilotato — secondo l’accusa — il direttore del Dipartimento di Farmacia, Giuseppe Bisignano, e il professore ordinario di microbiologia clinica, Giuseppe Teti. Sul piatto della bilancia dello scambio di favori un concorso per un posto di ricercatore a microbiologia nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, il cui unico vincitore — era stato già deciso a tavolino — sarebbe stato il figlio di Bisignano. A complicare le cose però, trattandosi di un concorso a titoli, un candidato le cui molteplici pubblicazioni impedivano, di fatto , che a vincere fosse il “prescelto” figlio del Direttore. Di fronte al muro rappresentato dall’aspirante più meritevole sono state due le soluzioni pensate per raggiungere l’obiettivo : 1) convincere i membri della commissione — in tutto quattro — a favorire il “raccomandato”. 2) Intervenire con un’opera di convincimento sul ragazzo, potenziale vincitore, e indurle a ritirarsi.
La prima soluzione avrebbe — sempre a detta degli inquirenti — impegnato 3 degli indagati: la docente Maria Chiara Aversa, (a lei il compito di formare la commissione ), mentre Sandro Ripa, docente di Camerina, e Giuseppe Nicoletto, docente catanese, avrebbero dovuto contattare i membri della commissione e convincerli a favorire il figlio di Bisignano. I tre componenti la commissione hanno però rifiutato.
Da qui la necessità di passare alla seconda soluzione: intervenire sul ragazzo il cui punteggio superava di molto quello del “raccomandato”. A questo — sostiene l’accusa — ci avrebbe pensato il professore Teti, che al valente futuro ricercatore avrebbe prospettato una carriera più prestigiosa perché- gli disse – avrebbe vinto il prossimo concorso, più adatto alla sua capacità professionale.
Il ragazzo, convinto, rinunciò solo 5 giorni prima degli orali, che si svolsero il 15 Aprile 2013. Della sua rinuncia, però, Bisignano non venne messo al corrente. Teti — sostiene il colonnello Vincenzo Vellucci, comandante provinciale della GdF — ha ben altra strategia in mente: chiedere in cambio al direttore di Farmacia , di far aggiudicare il prossimo concorso, in itinere, per un posto di docente universitario a una sua parente.
“Pacta servanda sunt”, i patti vanno rispettati, così in un’intercettazione telefonica i due arrestati concordano la necessità che il candidato e potenziale vincitore debba rispettare i patti e ritirarsi.
A scoperchiare il vaso di Pandora sono state infatti le intercettazioni venute fuori delle indagini della GdF per una falsa fattura di 8 mila emessa dal Dipartimento di Farmacia, per la quale è indagato Cesare Grillo, funzionario dell’Economato, accusato di peculato. Tra gli indagati anche l’ex rettore Francesco Tomasello, accusato di concorso in abuso d’ufficio, reato attribuito anche alla professoressa Aversa e al professore Teti.
Il colonnello Vellucci, in conferenza stampa, ha dichiarato: «Tutto ciò rappresenta un furto del futuro dei giovani. È il circolo vizioso che non consente alla nostra Università di venire fuori da un sistema deviato e deviante. I due sistemi di manipolazione classici rimangono infatti, quello della mazzette e quello dei favori»
L’operazione della Guardia di Finanza, è stata coordinata dal procuratore aggiunto Ada Merrino e dal sostituto procuratore Diego Capece Minutolo. Il Gip Massimilinao Micali ha firmato le misure cautelari. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono: concussione, peculato e abuso d’ufficio. Arresti domiciliari per Bisignano e Teti.
Giusy Gerace
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