Gli uomini del Comando della Guardia di Finanza di Patti, al termine di complesse indagini, coordinate e dirette dal Procuratore Capo della Repubblica, Rosa Raffa, su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari di Patti, Eugenio Aliquò, hanno notificato due “ordinanze di misure cautelari personali interdittive” per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta societaria, nei confronti dell’imprenditore Gaetano Caleca e della moglie, Rossana Alessandra Giacalone, in relazione al fallimento della nota azienda produttrice di ceramiche “Caleca Italia s.r.l.” (attualmente “Ceramiche del Tirreno s.r.l.”).
I due indagati, in concorso tra loro, la Giacalone in qualità di amministratore unico e il Caleca come amministratore di fatto della “Ceramiche del Tirreno”, avrebbero distratto risorse dal patrimonio societario cedendo a prezzo incongruo il ramo d’azienda e attraverso la falsificazione dei bilanci societari avrebbero occultato il reale stato patrimoniale e finanziario della società da loro gestita.
In tal modo avrebbero provocato il dissesto dell’azienda e ritardato la dichiarazione di fallimento. La falsa rappresentazione della situazione contabile della società ha consentito, nei vari anni, di non palesare le effettive perdite di esercizio, con evidente danno per i creditori ai quali veniva mostrata una situazione economico/finanziaria molto più florida di quella reale.
In conseguenza di tali azioni, alla data del fallimento, la società versava ormai in una gravissima situazione di dissesto, che ha comportato perdite reali per oltre 6 milioni di euro. Il provvedimento cautelare adottato nei confronti dei due coniugi è la misura interdittiva del divieto di esercitare, in qualsiasi forma, anche indiretta, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese ovvero la carica di amministratore, liquidatore, sindaco ecc.
La durata della misura è stata fissata in un anno. Sono stati, inoltre, raggiunti da un’“informazione di garanzia” anche altri due soggetti che, a vario titolo, a detta degli inquirenti, avrebbero concorso con i coniugi Caleca nel cagionare il dissesto e/o nel distrarre beni dalla società dichiarata fallita.
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