E’ di oggi la notizia di un nuovo sequestro di beni nell’ambito dell’inchiesta “Corsi d’oro”, sulla formazione professionale a Messina e in Sicilia. L’odierno provvedimento vede messe sotto chiave somme custodite in conti correnti bancari, libretti postali e investimenti economici, ma anche beni immobili, appartenenti agli indagati e”sfuggiti” alla prima fase dell’inchiesta. Per l’avvocato Nino Favazzo, legale di Chiara ed Elena Schiro, destinatarie dei provvedimenti, si tratterebbe di un accanimento giudiziario. Ecco cosa scrive:
“Solo nella tarda mattinata di oggi, 19.11.2013, è stato notificato alle mie assistite, Chiara ed Elena Schirò, un decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto titoli di credito per un ammontare di euro 207.500,00 ed un bene immobile, nei confronti della prima, due terreni di valore imprecisato, nei confronti della seconda.
Il nuovo decreto è stato emesso su titoli e beni già nella disponibilità delle signore Schirò alla data del primo provvedimento cautelare, ad integrazione di quest’ultimo e fino alla concorrenza dell’importo di euro 393.500,00, quanto a Schirò Chiara ed euro 6370,00 quanto a Schirò Elena.
Aldilà della enfasi giornalistica che ha addirittura preceduto, su alcuni organi di stampa, la stessa notifica del provvedimento agli interessati, al solo fine di offrire a chi legge argomenti di riflessione quanto più possibile completi e non notizie parziali, avverto il dovere di precisare: 1) contrariamente a quanto si legge nell’odierno decreto, in esecuzione dell’originario provvedimento, nei confronti di Elena Schirò, sono stati sequestrati titoli e contanti per un valore complessivo di euro 6408,36 ad integrale copertura del presunto profitto del reato alla medesima contestato. La iniziativa giudiziaria oggi assunta, in esecuzione della quale sono stati sequestrati ben due “spezzoni” di terreno, di estensione imprecisata ma, già da soli, di valore certamente superiore ad euro 6370,00, risulta pertanto illegittima; 2) nei confronti di Chiara Schirò, a fronte di un profitto di reato quantificato in euro 393.500,00, con il primo provvedimento, sono state sequestrate somme di danaro per euro 26.000,00 e, con quello odierno, titoli di credito per un ammontare di euro 207.500,00. Per la differenza, pari ad euro 160.000,00, il sequestro è stato esteso ad un immobile di proprietà, di valore non precisato ma di gran lunga superiore a tale ultimo importo.
Senza indugiare ulteriormente sui numeri, che si prestano ad ovvie e differenti letture di parte, ciò che ha lasciato l’amaro i bocca ai protagonisti di questa vicenda giudiziaria e che induce a considerare anche l’odierno sequestro, più che un atto dovuto, una vera e propria espressione di accanimento giudiziario, è il fatto che, subito dopo il primo sequestro, pur senza condividerne le ragioni ed i contenuti, tanto da aver proposto impugnazione, Chiara ed Elena Schirò hanno chiesto di poter garantire personalmente, l’intero importo ritenuto essere profitto dei reati loro contestati, a mezzo un contratto di fideiussione bancaria, in favore dello Stato, irretrattabile, fino alla decisione definitiva di merito sulla eventuale confisca.
La richiesta ha registrato il parere negativo del Pubblico Ministero ed è stata rigettata da quel medesimo giudice che, a distanza di qualche mese, su richiesta dello stesso ufficio requirente, ha emesso il nuovo decreto di cautela reale.
Oggi, a sequestro avvenuto, viene da pensare al titolo della nota commedia shakespiriana “Molto rumore per nulla”. Ma forse il rumore non è mai troppo forte, se serve a coprire il nulla”.
Avv. Nino Favazzo
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