Carne rossa cancerogena. Adoc: “Eccessivo allarmismo”

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Il responsabile Adoc Sicilia Sanità e Presidente del Comitato di Certificazione dell’Organismo di Controllo Consorzio Filiera Carni Giuseppe Abate, intervenendo sul consumo di carne rossa dopo la pubblicazione di una ricerca dell’Oms,  dichiara “si è generato un allarmismo eccessivo sui rischi collegati allo sviluppo di cancerogeni”.

“L’Oms – ribadisce Abate – non ha nient’altro che ufficializzato un’allerta relativa alla quantità di consumo, ma esistono infatti ampie prove scientifiche sui benefici del consumo di carne nell’ambito di una dieta sana.  Le recenti conclusioni cui è giunta l’Oms in merito all’effetto cancerogeno delle carni, soprattutto quelle trasformate, piuttosto che generare allarmismo incondizionato nel consumatore, dovrebbe servire come opportunità a fare chiarezza, una volta per tutte, su questo alimento così importante nella storia dell’uomo. Innanzitutto, va considerato che i risultati dell’indagine che sta avendo tanta risonanza necessitano approfondimenti prima di confermare valutazioni così nette e la sperimentazione va fatta su campione più ampio e per un tempo più lungo, non si può amplificare uno studio e demonizzare l’alimento che ha nutrito il pianeta per millenni. La dieta mediterranea, di cui la carne è protagonista, è universalmente riconosciuta come uno dei migliori esempi di alimentazione equilibrata, e come tale soddisfa attentamente non solo le esigenze nutrizionali, ma anche quelle di salute dell’individuo. Va da sé, di contro, che qualunque alimento deve essere assunto in maniera bilanciata, facendone uso, non abuso, come forse avviene in alcuni sistemi alimentari anglosassoni in cui il consumo di carne è quasi quotidiano”.

Va colta la precisazione importante di Vincenzo Chiofalo, docente universitario del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina e Presidente Ricerca Consorzio Filiera Carni, che chiarisce la differenza tra differenti sistemi produttivi, da un lato, e soprattutto differenti sistemi di controllo degli stessi.

“Gli strumenti – spiega Chiofalo – per garantire la salute del consumatore, sono le norme di sicurezza alimentare ed i sistemi volontari di certificazione, che rappresentano il vero e netto confine tra una alimentazione a rischio ed una sicura. Con riferimento alla rintracciabilità di filiera, ad esempio, vi sono certificazioni volontarie, in aggiunta a quelle cogenti, che prevedono la registrazione puntuale di tutta la storia del prodotto, dall’alimento utilizzato dall’animale, di qualità controllata, fino alla fettina di carne. Il controllo sulla filiera è riferito, inoltre, ad idonei sistemi di allevamento che tutelino il benessere animale, concetto fondamentale non solo dal punto di vista morale, quanto perché requisito fondamentale per la sanità dell’animale e dell’intero allevamento. Stesso discorso vale per le carni trasformate, l’applicazione di disciplinari tecnici controllati da Organismi di Certificazione accreditati consente di avere garanzie di processi di lavorazione delle carni molto naturali, semplici, secondo le più tradizionali tecniche di norcineria siciliana o italiana, senza l’impiego di condizioni ambientali forzate o di additivi e conservanti non sicuri, impiegando piuttosto aromi e spezie, ad esempio nella concia e stagionatura di alcuni salumi, ed officinali aromatiche patrimonio prezioso di biodiversità vegetale locale, che conferiscono al prodotto ulteriore valore aggiunto in termini di salute, dietetici e nutrizionali. In questi sistemi produttivi controllati e certificati, pertanto, al consumatore viene trasferita non solo la certezza dell’origine, ma anche la registrazione trasparente e dettagliata di tutta la storia che ha portato a quella fettina di carne bovina, dopo due anni di lavoro scrupoloso dell’allevatore e di verifiche di chi controlla e certifica, o fino a tre anni  di cure e attenzione, nel caso di salumi come il pregiato prosciutto crudo di suino nero siciliano, esempio magistrale di qualità nel suo significato più ampio, che regala al fortunato consumatore che lo assaggia un benessere nutrizionale, dietetico e perché no psicologico, appagando anche il palato ed il gusto, attenzione, pertanto, a considerare a rischio l’alimento che, se ottenuto attraverso l’applicazione di rigidi disciplinari di qualità controllati e certificati, andrebbe piuttosto considerato come un modello di valore nutrizionale e sicurezza alimentare”.

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