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Storia di un siciliano che “sfratta” la Nato, denuncia Obama, Berlusconi e Lombardo. E non si ferma qui…

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siciliaC’e chi vuole dividere in due tronchi l’Italia, chi proclama la Padania, chi vuole — e non ne fa mistero, sbandierandolo sui social network — che l’Etna seppellisca la Sicilia e i suoi abitanti e chi dell’isola più grande d’Italia chiede la secessione. Si chiama Giuseppe Mignemi, il signore siciliano, che ha avanzato la richiesta di dividere la Sicilia Orientale da quella Occidentale. Anzi, si è spinto oltre intentando causa allo Stato. Mignemi ha portato in tribunale un prefetto e un magistrato della Corte dei Conti per ottenere «la condanna dello Stato italiano alla spartizione della Sicilia in due zone».

Secondo l’uomo, che si è proclamato anche “reggente provvisorio”, la regione occidentale dell’isola sarebbe stata «indipendente e neutrale», quella orientale «autonoma e a statuto incompleto da sessant’anni per ostruzionismo e complotto politico del governo unitario accentrato a Roma».

La sentenza di condanna dello Stato — secondo l’uomo — avrebbe dovuto essere comunicata anche alle Nazioni Unite, affinché queste mandassero degli ispettori a tutelare il processo di separazione. In qualità di “reggente provvisorio”, il secessionista si sarebbe anche preso la briga di dare lo sfratto alla base americana di Sigonella, per trasformarla in aeroporto civile.

Nel ricorso che ha presentato alla Corte Suprema, ad venire citati in giudizio sono anche l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, l’ex premier italiano, Silvio Berlusconi, e l’attuale presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

In primo grado, a occuparsi del caso è stato un giudice di pace, che ha dichiarato l’uomo carente di legittimità per muovere tale causa. Ma Mignemi non si è arreso al primo ostacolo presentatosi lungo il suo cammino di affermazione e ha presentato ricorso in secondo grado al Tribunale di Catania, anche in questo caso però un cavillo gli ha sbarrato la strada: l’assenza di un avvocato ad assisterlo. La causa, a questo punto, è approdata in Cassazione, ma anche questa volta rigettata. L’assenza della figura di un avvocato, per una causa così complessa, non è stata accettata. I giudici ai quali è stato sottoposto il caso hanno reso noto che: «La presenza di un avvocato è necessaria, da un lato per la complessità delle norme e il tecnicismo nella redazione degli atti che richiedono la presenza di un tecnico, dall’altro perché la collaborazione di un esperto serve a filtrare il processo dalle emozioni e dalla passionalità dei diretti protagonisti della lite, che potrebbero essere privi della necessaria lucidità».

 

Giusy Gerace

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